Per le associazioni SOA, LIPU, Mountain Wilderness, CAI e Salviamo l’Orso oltre ai pesanti danni su flora e fauna sussistono criticità insanabili anche per l’occupazione di suolo destinato a uso civico e l’autorizzazione paesaggistica. Nella discussione di ieri davanti ai giudici ribadite le ragioni per salvaguardare Valle delle Lenzuola con la sua fauna e la sua flora rarissime che non devono soccombere sotto le ruspe.
“Le procedure di approvazione da parte di Regione Abruzzo e Comune di Ovindoli dei nuovi impianti da sci e delle nuove piste a Valle delle Lenzuola sulla Magnola in pieno parco regionale del Sirente-Velino a nostro avviso sono gravate da numerosi e insanabili vizi. Oltre a quanto già ampiamente dimostrato nel ricorso principale, abbiamo depositato altri motivi di causa, in particolare quelli riguardanti l’occupazione di suolo destinato a uso civico e l’autorizzazione paesaggistica che è stata rilasciata su un progetto difforme rispetto a quello autorizzato senza peraltro garantire l’obbligatoria trasparenza alla documentazione. Nella discussione davanti al collegio del TAR di L’Aquila di ieri confidiamo di aver sufficientemente illustrato le nostre ragioni. Ora dobbiamo solo attendere la decisione dei giudici che, ricordo, avevano concesso la sospensione cautelare delle autorizzazioni per la costruzione di tre nuovi impianti di risalita e ben sette nuove piste da sci la cui realizzazione comporterebbe lo sbancamento di oltre dieci ettari di rarissimi habitat tutelati a livello internazionale” così l’avvocato Herbert Simone che difende le associazioni ricorrenti Stazione Ornitologica Abruzzese, LIPU, Mountain Wilderness, CAI e Salviamo l’Orso.
Inoltre sono state ulteriormente corroborate le contestazioni già introdotte con il ricorso principale, in quanto addirittura anche l’Università La Sapienza di Roma, consulente dello stesso comune di Ovindoli, ha rilevato gravi carenze nel piano di monitoraggio ambientale riguardante l’area.
Per le associazioni è un progetto del tutto anacronistico per il quale si spenderebbero oltre dieci milioni di euro di fondi pubblici, quando i cambiamenti climatici impongono in tutti i settori, anche quello del turismo, un cambio radicale di mentalità al fine di attivare forme di utilizzo del territorio rispettose di fauna e flora già fortemente minacciate.
“Certo non si gestisce il territorio a furia di ruspe e sbancamenti che cancellano letteralmente fauna e flora e producono il deserto come è evidente passeggiando in estate sulle piste esistenti del comprensorio di Ovindoli. Altro che sostenibilità ambientale!” Commentano gli ambientalisti secondo i quali Il denaro pubblico va investito, per garantire forme leggere di fruizione della montagna e non certo per appesantire l’impronta ecologica dell’uomo su habitat protetti in quanto molto rari deturpando una valle vergine destinata anche alla reintroduzione del Camoscio.
Il tutto, infatti, avverrebbe in pieno parco naturale del Sirente Velino e in una zona di protezione speciale a livello europeo per l’avifauna.
“Ricordiamo –concludono le associazioni– che anche i Carabinieri-Forestali hanno rilevato forti carenze negli studi a supporto del progetto depositati dal Comune di Ovindoli, stigmatizzando il fatto di non essere stati coinvolti nel procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale come previsto dalla legge.”