venerdì , 22 Novembre 2024

Gasdotto Chieti-Rieti. Secco no dal Parco Nazionale del Gran Sasso, bucare la montagna a Bussi mette a rischio la falda idrica

Anche il Comune di Bussi esprime forti dubbi al MInistero dell’Ambiente nell’ambito della V.I.A. nazionale sul megaprogetto, che prevede tra l’altro lo scavo di un pozzo di 400 m di profondità e di una galleria lunga 1,1 km in pieno parco in zone idrogeologicamente vulnerabili.
SOA, Forum H2O e Coord.No Hub del Gas “bene posizione dei due enti, recepito nostro allarme, ora il Ministero fermi le opere fossili”.


Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha espresso un netto parere negativo sull’ipotesi, avanzata da Snam, di “bucare” le montagne sopra Bussi (PE) all’interno dell’area protetta, all’altezza del valico di Roccatagliata, nell’ambito dei lavori per il rifacimento del gasdotto Chieti-Rieti con rilevanti cambi di tracciato rispetto all’attuale.
A darne notizia è il Forum H2O che a luglio aveva lanciato l’allarme non appena letti gli elaborati tecnici depositati da SNAM al Ministero dell’Ambiente per la Valutazione di Impatto Ambientale di carattere nazionale, data la rilevanza dell’intervento. In particolare, la parte in cui SNAM propone di bucare la montagna con un pozzo profondo ben 400 metri e una galleria lunga 1,1 km.


La Stazione Ornitologica Abruzzese il primo agosto ha depositato dettagliate osservazioni, evidenziando gravi lacune negli studi, le problematiche connesse alla tutela dell’acqua sotterranea e il contrasto con diverse norme, tra cui quelle poste a tutela del parco del Gran Sasso nonché le leggi che tutelano la fauna selvatica. «Oltre all’impatto sulle falde incredibilmente SNAM arriva a proporre di rimuovere durante i lavori nidiacei dai nidi, anche di eventuali specie protette che pure ci sono lungo il tracciato proposto, ignorando evidentemente che tutti i nidi degli uccelli non possono essere distrutti volontariamente» osservano gli ambientalisti.


La SOA ha anche sollevato pesanti dubbi sull’effettiva necessità di un intervento “fossile” che ricade sulle bollette assicurando al proponente una remunerazione fissa a tassi elevati per decenni, come ha dimostrato il dossier “Snam Affair”. Scrive infatti l’associazione nelle osservazioni “La decisione di realizzare un rifacimento di un gasdotto di tale rilevanza e con impatti così importanti, anche persistenti, dovrebbe essere supportata da dati oggettivi circa la necessità dell’intervento, con particolare riferimento alla vita tecnica del gasdotto esistente. Il proponente, infatti, può ricavare utili importanti dalle tariffe in caso di interventi di questo genere e potrebbe ovviamente essere spinto a privilegiare tale aspetto della vicenda e non già ad assecondare le reali necessità dei cittadini. Al capitolo “motivazione dell’intervento” sono dedicate n.13 righe (pag.14 dell’elaborato RE-SIA-001), prive di qualsiasi dettaglio numerico-quantitativo. Sostanzialmente un’autocertificazione del tutto inaccettabile, visti gli impatti (anche economici) che tale proposta genera e considerando che rifare un gasdotto oggi, avendo come obiettivo l’uscita delle fossili entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici e tenendo presente che la vita tecnica di un gasdotto è di circa 50 anni, vorrebbe dire realizzare un’opera che arriverà al 2075 circa, venticinque anni dopo il necessario abbandono delle fonti fossili, metano compreso.”

Il comune di Bussi ha depositato osservazioni al progetto in cui solleva la questione della tutela delle falde. 
Il parere del Parco è ancora più esplicito, con un no secco.
Si legge nella nota dell’Ente Parco di fine agosto (neretto nostri, ndr) “L’intervento in sotterraneo “Raise Boring Roccatagliata”, tra i Comuni di Pescosansonesco (PE) e Bussi sul Tirino (PE) prevede lo scavo di un pozzo di ben 400 metri di profondità e di una galleria sotterranea lunga circa 1,1 chilometri, localizzati all’interno del SIC IT7130024 Monte Picca – Monte di Roccatagliata e della ZPS IT7110128 Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in un’area molto complessa e vulnerabile dal punto di vista idrogeologico, come evidenziato nell’elaborato CGD 143, per la presenza predominante di complessi rocciosi a “potenzialità acquifera altissima” (complesso dei Calcari di Piattaforma) o “alta” (Complesso della Maiolica). Il drenaggio della falda idrica ospitata da tali formazioni per effetto delle opere in progetto rappresenta un rischio concreto, incompatibile con la normativa di tutela ambientale relativa al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in quanto, costituirebbe:  una alterazione di equilibri idrogeologici la cui conservazione deve essere assicurata dall’Ente Parco e la cui difesa e ricostituzione devono essere perseguite per effetto dell’art. 1, comma 3, lett. d) della Legge 394/1991 e ss.mm.ii;  una modificazione del regime delle acque, vietata ai sensi dell’art.11, comma 3, lettera c) della Legge 394/1991.

«Vedremo ora come il Ministero dell’Ambiente potrà svicolare da considerazioni e pareri così stringenti e motivati e se potrà sostenere l’ennesimo progetto “fossile” come sta continuando a fare alla faccia della crisi climatica e degli obiettivi dell’Accordo di Parigi» concludono gli ambientalisti della Soa.

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