L’attore e regista sarà in scena per la prima volta in assoluto nella sua
città.
Faust e Mefistofele, una storia di immortalità e dannazione, perdono e
salvezza eterna.
Una storia che, almeno per sentito dire, quasi tutti conoscono. Non
molti, invece, conoscono la versione che due grandi autori di teatro, Aldo
Trionfo e Lorenzo Salveti, hanno scritto nel 1976 per due monumenti del
palcoscenico come Carmelo Bene e Franco Branciaroli.
Un testo arduo, ricco di inserti (che racchiude parti di Christopher
Marlowe e di Wolfgang Goethe, ma anche di Cime Tempestose e di altre
opere letterarie), rappresentato solo da Bene e Branciaroli e poi mai più
messo in scena.
Gli autori elaborano un gioco straordinario nel quale i personaggi – Faust
e Mefistofele – finiscono per rappresentare le due facce della stessa
medaglia. La dannazione di Faust, spintosi troppo in là nella ricerca
dell’immortalità, è anche la solitudine di Mefistofele
.
Il gioco – fatto di scherzi divertiti, inversioni di genere, ammiccamenti di
seduzione reciproca, oscillante fra il disperante e il travolgente – invischia
entrambi i personaggi in una progressiva crisi di identità. La dicotomia
fra Faust e Mefistofele, il supposto seduttore e la supposta vittima, inizia
a sfumarsi in una dicotomia del singolo personaggio che assimila parti
dell’altro, trasformandosi via via da vittima in carnefice e da carnefice in
vittima.
“L’umiltà necessaria per accostarsi a un’opera così complessa, ricca
di sfumature e di caratteristiche psicologiche, non può che partire
dall’accantonare gli interpreti originari – assicura il regista. Tentare
di metterla in scena come fecero loro sarebbe solamente una scarsa
contraffazione.
La traccia è chiaramente quella indicata da Trionfo/Salveti
e dal duo Bene/Branciaroli, ma Faust/Mefistofele devono vivere di luce
diversa per non essere solo pallidi riflessiâ€.