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70 anni fa l’eccidio di Celano, Acerbo (PRC) ” Quando i lavoratori indietreggiano la democrazia diventa debole “

Era il 30 aprile del 1950 quando nel palazzo comunale era in riunione la commissione di collocamento che stabiliva i turni di lavoro per i braccianti che sarebbero stati impiegati il 2 maggio nel Fucino. Nel tardo pomeriggio tra il rappresentante del partito Comunista, autorità comunali, esponenti della C.I.S.L. e i rappresentanti delle varie categorie sociali non fu raggiunto l’accordo. Cittadini e braccianti erano rimasti nella piazza IV Novembre, in attesa che uscissero gli elenchi dei primi chiamati al lavoro nei campi, il vice sindaco Angelo Tropea chiese al maresciallo dei Carabinieri di intervenire. Senza alcun preavviso i carabinieri improvvisamente aprirono il fuoco sulla folla. I contadini inermi si gettarono a terra, cercando di evitare i colpi. Contemporaneamente, dal lato opposto della piazza, altri colpi d’arma da fuoco venivano esplosi da alcuni esponenti del M.S.I. locale e dalle guardie di Torlonia che sarebbero stati individuati dai contadini. La sparatoria si prolungò per qualche minuto.
Il bilancio dell’agguato fu di due vittime: Agostino Paris, che si trovava in un gruppo distante non meno di settanta metri dai carabinieri e Antonio Berardicurti.

Il 3 maggio 1950 a Celano si celebrarono solennemente i funerali dei due braccianti. La città fu invasa da migliaia di lavoratori provenienti da tutta Italia e furono proclamati scioperi in tutto il Paese.  Giuseppe Di Vittorio presenziò alle esequie, l’allora segretario generale della CGIL, pronunciò nella piazza celanese un discorso sulla dignità del lavoro e lanciò un appello per la democrazia e per la pace

Gli accusati furono prosciolti in istruttoria. I colpevoli dell’eccidio restarono ignoti*.

“Nel settantesimo anniversario dell’Eccidio di Celano rendiamo omaggio ai caduti in una delle più gloriose lotte della classe lavoratrice del dopoguerra, quella dei contadini del Fucino contro i Torlonia. Ricordiamo che a sparare sui contadini furono carabinieri e neofascisti del MSI come denunciò nella cronaca per L’Unità Luigi Pintor. Nessuno dei responsabili fu condannato. Quella storia ci ricorda che i diritti di lavoratori e lavoratrici sono stati conquistati a costo di duri sacrifici e che il fascismo continuò a stare dalla parte del latifondo anche dopo la guerra insieme a apparati dello stato che rimasero espressione della continuità col regime. La lotta dei lavoratori e quella per la democrazia coincidono nella nostra storia repubblicana. Quando i lavoratori indietreggiano la democrazia diventa debole e torna ad affermarsi il dominio del più ricco e potente. Ieri i Torlonia, oggi un capitale finanziarizzato e predatorio.”
Maurizio Acerbo, segretario nazionale Partito della Rifondazione Comunista

 
“LA TERRA A CHI LAVORA. Questo era lo slogan che la sera del 30 Aprile 1950 un gruppo di contadini riuniti a Celano in Piazza IV Novembre gridava contro lo sfruttamento e contro le durissime condizioni di lavoro imposte dai latifondisti e dalla famiglia Torlonia.
Furono sparati dei colpi di arma da fuoco e due braccianti furono colpiti a morte, altri 12 rimasero a terra gravemente feriti.
L’ eccidio di Celano, così è passato alla storia quel gravissimo atto di repressione, segnò il punto di non ritorno per la liquidazione della rendita fondiari della famiglia Torlonia, frutto di un anno di dure lotte bracciantili, contadine, popolari. L’attuale penosa contingenza segnata dalla pandemia del coronavirus impedisce di solennizzare ed attualizzare il senso di quel drammatico 30 aprile di 70 anni fa. Impegno della Federazione di Rifondazione Comunista de L’Aquila, quando il ritorno della normalità lo consentirà, sarà quello di unire al ricordo di Agostino Paris e Antonio Berardicurti una iniziativa di riflessione sulla lotta fucense nel tempo, sul suo significato e sul suo ruolo nella formazione sociale e politica della popolazione della Marsica”.
Segreteria di Federazione de L’Aquila – Partito della Rifondazione Comunista
*tratto da Wikipedia

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