Pescara – Domenica 17 novembre in città si terrà l’assemblea nazionale dei movimenti e dei comitati impegnati nelle principali vertenze ambientali italiane, a partire da quelle contro le fossili per il clima fino ad arrivare all’ILVA, alle grandi opere come il TAV e alle Grandi Navi a Venezia.
I movimenti abruzzesi, come il No Ombrina, il Forum H2O e il Coordinamento No Hub del Gas, hanno sempre contribuito al percorso comune dei movimenti territoriali italiani per avere una visione generale e non meramente localistica circa gli impatti delle grandi opere e sulle alternative e proposte realmente necessarie per garantire sicurezza della popolazione, tutela ambientale reale e servizi ai cittadini.
«Ricordiamo che lo scorso 23 marzo a Roma questi movimenti hanno portato in piazza 100.000 persone per chiedere l’uscita dal mondo delle fossili e l’abbandono delle grandi opere a favore degli interventi capillari sul territorio per la prevenzione dei rischi ambientali, i servizi ai cittadini, come quello dell’acqua potabile, e la manutenzione delle infrastrutture esistenti» commentano gli organizzatori aggiungendo. «Per esempio, basta pensare che l’80% delle gallerie autostradali esistenti non è a norma rispetto agli standard comunitari con le conseguenze che vediamo tutti i giorni anche sulla rete stradale abruzzese oppure che molti ospedali e scuole non sono a norma per l’anti-sismica. La rete idrica in molte regioni disperde oltre il 40% dell’acqua immessa in rete e la depurazione è alla quarta procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea».
All’assemblea parteciperanno attivisti da molte regioni italiane per decidere assieme le prossime mobilitazioni e campagne comuni a scala nazionale ed internazionale, a partire dalle manifestazioni per il quarto sciopero mondiale per il clima che si terranno il prossimo 29 novembre.
Polemiche dagli attivisti in merito all’elettrodotto Montenegro-Italia, inaugurato oggi, «conosciamo bene la propaganda di Terna –affermano–ma arrivare a sostenere che il cavo è il primo tra Italia e Balcani ci pare un po’ troppo, visto che l’elettrodotto sottomarino Italia-Grecia, come è noto, è in funzione dal 2002. Oppure è cambiata la geografia e la Grecia non è più nei Balcani?»
Gli attivisti inoltre chiedono a Terna di voler spiegare con dati oggettivi quale energia e a quale costo dovrebbe scambiare con i Balcani, «visto che in un’audizione alla Camera, –ricordano– ad una domanda specifica sul cavo in questione, non solo non aveva dato informazioni ma era arrivata addirittura a paventare l’importazione di energia dal nucleare bulgaro (!) – e in tal caso dovrebbe spiegare con quale efficienza tenendo conto della dispersione in rete. Era il 2014. È cambiato qualcosa?»
«Ricordiamo che attualmente nei Balcani molta dell’energia elettrica è prodotta con il carbone –concludono i movimenti– e che, per quanto riguarda le rinnovabili, ci sono solo progetti (a migliaia) per intubare i magnifici fiumi dei Balcani, con mobilitazioni ovunque da parte delle popolazioni scese in piazza per difendere habitat e paesaggi ormai distrutti in larga parte d’Europa, con i conseguenti problemi ambientali che vediamo ogni giorno».