giovedì , 21 Novembre 2024

Abruzzo e consumo di suolo, dati preoccupanti dal Rapporto ISPRA 2019

Il Rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” presentato ieri da ISPRA fa suonare l’ennesimo allarme anche per l’Abruzzo.

 

I tecnici dell’Agenzia hanno valutato non solo la quantità di suolo consumato per ogni comune italiano ma anche la % sull’estensione territoriale e la variazione tra il 2017 e il 2018, che indica ovviamente la progressione del depauperamento del suolo.

Sono dati fondamentali perché danno conto dell’efficacia o meno delle politiche di riduzione del consumo di suolo e della reale sostenibilità ambientale delle attività consentite nel territorio, quando almeno a chiacchiere tutti proclamano la necessità di conservare il suolo in un paese a fortissimo rischio idrogeologico e dalle enormi valenze paesaggistiche, ambientali e culturali.

 

Purtroppo quest’anno l’Abruzzo è la maglia nera. Scrive infatti l’ISPRA “In termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, i valori più elevati sono in Abruzzo (+0,51%), Basilicata (+0,47%) Veneto (+0,41%) e Friuli-Venezia Giulia (+0,34%).

 

Inoltre la nostra regione spicca al quarto posto rispetto ad un altro indicatore importante, quello della “densità di consumo di suolo“. Scrive l’Agenzia “La densità dei cambiamenti netti del 2018, ovvero il consumo di suolo rapportato alla superficie territoriale, rende evidente il peso del Nord-Est che consuma 2,65 metri quadrati ogni ettaro di territorio, contro una media nazionale di 1,6 m 2 /ha (Tabella 10). Tra le regioni, la densità del consumo di suolo è più alta in Veneto (5,03 m 2 /ha), Friuli-Venezia Giulia (3,01 m 2 /ha), Lombardia e Abruzzo (oltre i 2,6 m 2 /ha)

 

L’ISPRA ha pubblicato anche una parte del database utilizzato da cui è possibile estrarre facilmente i dati per tutti i comuni abruzzesi.

 

Per quanto riguarda la % di suolo complessivo coperto da strade, edifici, fabbriche o occupato da cantieri al 2018, in Abruzzo ben 38 di essi supera il 10%. Di questi 11 addirittura il 20%, con Pescara che svetta con un 51,3% che la dice lunga sulle cause dei continui allagamenti. Seguono altri comuni costieri come Montesilvano (33,4%), Martinsicuro (33,3%), San Salvo (32,3%) e Alba Adriatica (con il 30,9%). Tra questi 11 ve ne sono solo 2 non costieri, San Giovanni teatino (28,9%) e Chieti (20,8%).

 

A parte altri comuni della conurbazione costiera, in questo gruppo di 38 comuni oltre il 10%, 3 aree non costiere compaiono con alte percentuali, la Val Vibrata (con Nereto, Sant’Egidio, Colonnella, Corropoli), l’hinterland pescarese e la val Pescara (con Cappelle sul Tavo, Cepagatti, Torre de’ Passeri, Spoltore e Scafa) e quelli della Frentania (con Treglio, Lanciano, Santa Maria Imbaro, Mozzagrogna). Nell’Abruzzo interno spiccano Avezzano (13,3%), San Benedetto dei Marsi (11,2%) e Sulmona (11,2%).
 

Per quanto riguarda l’incremento assoluto in ettari tra il 2017 e il 2018, L’Aquila è in testa con quasi 29 ettari (ovviamente sul dato va considerata la questione della ricostruzione, che comunque sta avvenendo consumando molto suolo e con una forte dispersione) ma seguono comuni dell’interno come Carsoli (ben 11,9 ettari consumati) e Avezzano (con 9,3). Pescara continua a consumare imperterrita suolo, con ulteriori 7,5 ettari trasformati. Roccaraso, tra i comuni montani, spicca al  quinto posto con 5,9 ettari. Purtroppo tra i primi 20 compaiono molti comuni collinari o addirittura montani, segno che dalla costa il problema del consumo di suolo sta iniziando a diventare pervasivo anche in aree che finora erano state abbastanza preservate. Come rileva l’ISPRA, anche nelle aree protette si continua a consumare suolo. Infatti in Abruzzo vediamo che comuni importanti dei parchi nazionali come Pescocostanzo e Pescasseroli hanno consumato oltre 1 ettaro ciascuno tra il 2017 e il 2018.

 

Riteniamo che questi dati debbano far riflettere attentamente tutta la comunità a partire dagli amministratori. Intanto partendo dalle priorità. Ad esempio, sulla caccia in questi giorni vediamo fare riunioni urgenti per il calendario venatorio con tutto lo stato maggiore della regione quando problemi come l’uso del territorio, viste le conseguenze troppo spesso drammatiche di un’urbanizzazione capillare del territorio sotto ogni punto di vista, da quelle economiche e turistiche a quelle di protezione civile, non ci paiono riscuotere lo stesso grado di interesse. Non si possono continuare a fare chiacchiere o a firmare patti sulla sostenibilità privi di efficacia mentre si procede “business as usual“. In Abruzzo si continua a parlare di nuove grandi strade, invece di riparare quelle esistenti che versano in uno stato pietoso. Lo stesso Ministero dell’Ambiente (!) approva a Sulmona la centrale SNAM di Case Pente che dovrebbe coprire con cemento e impianti per ettari e ettari un’area meravigliosa sotto l’aspetto paesaggistico alle porte del Parco della Majella. In comitato VIA regionale arrivano in continuazione progetti di cave che vengono esaminati e approvati (basti pensare alla megacava di Popoli a monte delle sorgenti che consumerà ettari ed ettari in piena area di ricarica della falda) nonostante l’Abruzzo stia aspettando il Piano cave da decenni e dal 2006 il Piano delle Aree di Salvaguardia per l’Acqua Potabile, non proprio una bazzecola. Ci sono progetti da decine di milioni di euro di fondi pubblici per sbancare addirittura 17 ettari di preziosissime zone vergini in alta quota nel Parco del Sirente, come il progetto alla Magnola. Insomma, tanti proclami ma i fatti vanno nella direzione opposta quando servirebbero provvedimenti chiari obbligando non solo al consumo di suolo zero nei Piani regolatori con il riuso delle decine di ettari coperti da capannoni abbandonati ma anche alla rinaturalizzazione di aree oggi devastate.

 

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