Infatti, il Piano attualmente vigente, definitivamente approvato circa 10 anni fa, era stato concepito, nelle sue parti di analisi ecologica e di programmazione delle attività di conservazione, nel lontano 1997. Uno strumento di pianificazione che andava necessariamente adeguato, perché le condizioni ecologiche (basti pensare agli attuali popolamenti di specie protette, sia in termini faunistici che floristici) non erano e non potevano minimamente essere contemplate nella pianificazione redatta a fine anni ’90.
I capisaldi del piano sono “Competenza giuridica, profonda conoscenza dei processi ecologici, visione territoriale, comparazione europea e aderenza alle normative internazionali”. Il nuovo Piano è lo strumento di pianificazione principale del territorio della Majella, custodito in un Parco di 750 kmq, con 39 territori comunali e con uno dei più grandi patrimoni di biodiversità d’Europa.
“Intanto si riportano a coerenza una serie di previsioni che erano ormai datate oltre vent’anni – ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza della Regione, Mario Mazzocca – e che se all’epoca, sicuramente l’avevano, una necessità di imporre talune situazioni e paletti per cristallizzare lo status quo e andare a definire la proposta di sviluppo sostenibile dell’area protetta così atrofizzata come quella del Parco Nazionale della Majella, almeno le altre che abbiamo in Abruzzo, oggi chiaramente si scontrano con una serie di situazioni che da un lato e dall’altro non sono più al passo con i tempi. Ecco perché la superficie a massima protezione è lievitata di oltre il 20% e questi aggiustamenti perimetrali vanno a protezione per tenere sotto tutela una parte più importante del territorio per le sue peculiarità che ormai sono consolidate. Dall’altro lato chiaramente c’è la necessità di riportare a coerenza le previsioni invece antropiche pregresse, ovvero di strumenti urbanistici locali pre-vigenti alla nascita del Parco che invece erano state trasposte in maniera eufemisticamente errata e che quindi avevano determinato tutta una serie di contenziosi, oltre a non rispondere al criterio giuridico e legale ai sensi di Legge”.
Dal punto di vista giuridico e delle procedure amministrative, l’intento è di assicurare certezzanell’agire di un “nuovo” Ente che sul territorio può e deve esprimere le proprie finalità istituzionali e i propri margini operativi nell’obiettivo della conservazione. Occorre chiarire le complessitàprocedimentali ed escluderele discrezionalità applicative, non ammissibili secondo il limpido dettato della legge quadro, ma determinatesi in particolare nella disciplina degli aspetti urbanistici, oggi ancora in balìa delle mutevoli opinioni dei dirigenti, con la conseguenza di numerosi contenziosi che hanno avuto, per la maggior parte, esiti sfavorevoli per l’Ente parco. La legge n. 394 del 1991 assegna al nulla osta la natura di atto di certazione, a discrezionalità zero, di mera verifica dell’intervento richiesto di assenso rispetto alle previsioni del Piano per il parco – che per ciò deve essere corredato di tipicità e puntualità, al fine di annullare discrezioni applicative o interpretative – e del Regolamento che deve contenere ogni specificità al fine di fungere da mero tramaglio insuscettibile di determinazioni soggettive.
L’aggiornamento del Piano dunque, oltre alla validazione giuridica di una nuova stesura, che recepisce schemi di respiro europeo, nonché quanto oggi è meglio maturato nel difficile terreno del Diritto delle aree protette, rappresenta un rinnovato ed adeguato strumento nella gestione del territorio e soprattutto relativamente alle funzioni di conservazione della natura: i cambiamenti ecologici in corso, la presenza di specie faunistiche di pregio, come il lupo, il camoscio appenninico e l’orso marsicano, che nel frattempo hanno raggiunto consistenze e distribuzioni importanti, la presenza delle attività antropiche sui territori, sempre più orientate su processi di chiara sostenibilità ambientale (anche in questo campo le cose sono molto cambiate, basti pensare al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 – regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
“Norme in materia ambientale, non ancora vigenti al tempo della redazione del vecchio Piano!), le modalità di gestione agro-zootecniche, che in questi ultimi anni hanno subito un significativo decremento numerico, ma una evoluzione nella qualità e nella sostenibilità ambientale, gli sport sostenibili, anche questi nel frattempo con nuove discipline, inimmaginabili vent’anni or sono, le nuove visioni gestionali nel frattempo maturate anche sulla scorta delle Direttive europee, dei progetti Life, dei piani di gestione delle Aree natura 2000. Cambiamenti della natura e delle istituzioni che non potevano essere contemplati vent’anni fa e che necessitavano di aggiornamento e di una nuova fase operativa. Con il vecchio Piano, per altro, affetto da eccessiva sintesi ed indeterminatezza, mancando per conseguenza il Regolamento del Parco, che doveva disciplinare le attività consentite, l’ampia discrezionalità dirigenziale aveva prodotto una mole inconcepibile di ricorsi e di questioni giudiziarie, oltre che un magma informe di burocrazia che appesantiva il rapporto tra Ente e territorio”.
La stesura del lavoro ha fatto seguito ad una dettagliata attività ricognitiva di vaglio e comparazione della pianificazione adottata nella maggior parte dei parchi nazionali italiani, ed ad un confronto con gli strumenti di gestione di alcuni rappresentativi parchi europei di Cat. II IUCN. La cognizione degli elementi di criticità apparsi nelle diverse realtà o prassi applicative ha costituito la base per una piattaforma di miglioramento ed ammodernamento; sono stati acquisiti spunti utili dall’evoluzione anche internazionale dei principi cardine dell’environmentallaw e dei suoi strumenti applicativi. In questi termini, per esempio, vanno evidenziate l’ingerenza propositiva del Parco nella gestione dei rifiuti, nella tutela dall’inquinamento luminoso od anche l’azione attiva nella eliminazione dei detrattori ambientali. Sono stati, inoltre, aggiunti importanti passaggi e chiarimenti relativi alle misure previste per la gestione e la conservazione delle c.d. “aree Natura 2000”, ad indirizzi di gestione attiva della wilderness, alle misure di prevenzione degli incidenti stradali causati dalla fauna selvatica, alla semplificazione procedimentale recata per le attività edilizie nelle zone D, all’impiego di meccanismi pattizi tra Parco e stakeholders, ed altri strumenti che corrispondono un adeguamento strutturale che tende ad avvicinare la realtà italiana all’esperienza europea.
La proposta di nuova zonizzazione, per altro, è stata interessata da importanti cambiamenti (vedasi allegata tabella riassuntiva di raffronto): tra le scelte più significative e coraggiose, certamente quella di ampliare la zona A di riserva integrale di circa il 16%. La zona “wilderness” del Parco dunque passa da circa 36000 ettari a quasi 42000 ettari, una delle più grandi riserve integrali d’Europa.
La zona D, di promozione economica e sociale, è stata riperimetrata per la dovuta effettuazione di alcuniadeguamenti cartografici al fine di ristabilire la necessaria e indispensabile coerenza fra Piano del Parco e strumenti locali.Purtuttavia, in ragione della sovraordinazione del Piano per il parco rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione, la stessa è stata meglio ripartita in diverse sottozone, con la conseguenza che le “sottozone D2” che comprendono le zone A, B,C,D dei piani urbanistici comunali, soggette a potenzialità edificabili, diminuiscono in percentuale, rispetto al precedente Piano, del 20% circa; mentre, si meglio definiscono, nella pianificazione e nella cartografia, le “sottozone” D3, che comprendono le altre zone dei piani urbanistici comunali, non soggette ad edificazione diretta ed incidente, quali:le zone di interesse generale, destinate alla valorizzazione dei beni culturali, dello sport e delle attività ricreative; parchi e zone di salvaguardia, per aree che rivestono un particolare pregio ambientale, naturalistico, geomorfologico, speleologico, archeologico, paesaggistico o di particolare interesse per la collettività; zone cimiteriali e relative fasce di rispetto.
Un nuovo piano che, pertanto, oltre ad essere in linea con i principi generali di contenimento dell’uso del suolo, declina nella pianificazione di settore un procedimento di pensiero ed una nuova visione, che negli ultimi mesi ha visto impegnati uffici, tecnici e comunità del Parco, nel disegno di una nuova pianificazione, connessa ad una rinnovata elaborazione tecnico-giuridica, al passo con i tempi e con le norme della conservazione e, al tempo stesso, coerente con la storia del territorio.
“Con questo Piano cambia tantissimo, soprattutto per le popolazioni – ha rimarcato il presidente vicario del Parco e Sindaco di Palena Claudio D’Emilio – in quanto vivono loro sulla propria pelle tutte quelle che sono le azioni per il Parco. Tant’è vero che con questo nuovo strumento andiamo veramente a ridisegnare un po’ il tutto, nel senso che ci saranno assolutamente aumenti o riduzioni di superfici, ma bensì dopo vent’anno andiamo a ripristinare quello che realmente è la flora e la fauna di questo Parco. Tant’è vero che abbiamo un notevole incremento proprio per quanto riguarda l’aspetto faunistico con nuovi lupi, abbiamo molti camosci appennini e anche la presenza dell’orso marsicano. Con questo nuovo strumento andiamo praticamente a rivedere tutto, andiamo a rimettere al taglio tutte quelle che sono state le incomprensioni del passato, ma soprattutto ci saranno regole chiare che non daranno più adito a libere interpretazioni personali. Abbiamo delle somme in bilancio per fare in modo che gli agricoltori vengano integrizzati, questo nuovo Piano va proprio a far sì che l’agricoltura e la zootecnia entrino in simbiosi con la natura, cosa che nel precedente Piano non c’era in quanto era mancante nel Regolamento”.