venerdì , 22 Novembre 2024

Acqua non potabile del Gran Sasso: Depositata alla Camera interpellanza urgente dal Capogruppo di SI, Marcon insieme alla Pellegrino

Roma – Come annunciato nei giorni scorsi Sinistra Italiana ha depositato un’interpellanza urgente sul gravissimo episodio del 9 Maggio scorso, con la firma del Capogruppo Giulio Marcon (Capogruppo alla Camera Si) e Serena Pellegrino (Vice-presidente commissione Ambiente).

In seguito alle ultime novità emerse dai dati dell’ARTA e dell’ASL resi pubblici dal Forum Acqua e sopratutto all’allargamento dell’inchiesta a tutto il sistema idrico del Gran Sasso: “un sistema delicato e soprattutto molto vulnerabile”, scrivono il  Segretario Regionale Sinistra Italiana, Daniele Licheri e Stefano Ciccantelli , Segretario per la  provincia di Teramo  di SI, “con un acquifero che si trova al di sotto di due strutture potenzialmente (e non solo) inquinanti come il traforo autostradale e il laboratorio di fisica nucleare, crediamo sia urgente e necessario che si faccia chiarezza e si accertino le responsabilità politiche. Non si gioca sulle salute di migliaia di cittadini. Sinistra Italiana Abruzzo –spiegano i due dirigenti di SI– inoltre giudica positiva la proposta dell’Arci, Legambiente, Wwf, di istituire un osservatorio indipendente su tutta la questione dell’acqua e la sosterrà nelle iniziative pubbliche che si faranno nei prossimi giorni.

E tempo che i cittadini tornino protagonisti nella battaglia in difesa di uno dei beni comuni essenziali come l’acqua”.

 

Il testo dell’Interpellanza

Interpellanza urgente
– al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – Per sapere – premesso che:
in data 9 maggio 2017 a seguito dei prelievi effettuati al Traforo del Gran Sasso, l’ARTA ha giudicato l’acqua in uscita non conforme, pertanto il SIAN dell’ASL di Teramo ha disposto l’uso per soli fini igienici. Per poco più di 12 ore, 300 mila cittadini della provincia di Teramo non è hanno potuto  utilizzare l’acqua dei propri rubinetti;

si è trattato per i cittadini della provincia di Teramo di un incubo interminabile, scandito da allarmi e corse ai supermercati, con i principali organi amministrativi e politici del Teramano e della Regione mobilitati;

alle 13,08 di martedì 9 maggio 2017 il dirigente del Sian (servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione) Maddalena Marconi ha emanato l’ordinanza che dichiara non potabile l’acqua che esce dai rubinetti di 32 comuni e che impone a Ruzzo Reti S.p.A., gestore unico del ciclo integrato delle acque nell’ATO Teramano n.5,   la “messa a scarico” delle sorgenti a destra e sinistra del Traforo del Gran Sasso”; 

 alle 17,47  di martedì 9 maggio 2017  Ruzzo Reti S.p.A. invia una nota alla stampa, informando della situazione e allegando l’ordinanza; 

All’1,56 della notte fra martedì e mercoledì il dirigente del Sian (servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione) Maddalena Marconi firma una nuova ordinanza in cui revoca la disposizione precedente «pertanto l’acqua può essere destinata a uso potabile;

le analisi vengono ripetute quattro volte per sicurezza a distanza di un’ora, confermando che i “parametri erano tutti nella norma.” Per questi motivi viene emessa l’ordinanza  all’1,56 è di revoca;

 in seguito ai fatti accaduti la magistratura ha aperto un’inchiesta per reati ambientali;

i fatti accaduti però hanno un precedente importante: la prima denuncia fu fatta dal WWF sui problemi dell’acqua del Gran Sasso nel 2002:  l’incidente più grave infatti si è verificato il 16 agosto 2002 durante il famoso esperimento Borexino;

Il 28 maggio 2003 la Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’epoca Presidente del Consiglio Berlusconi, dispone la nomina del Commissario delegato per il superamento della fase emergenziale che sarà di durata ultradecennale;  
gli obiettivi del commissario erano chiari: al primo punto figurava  la «messa in sicurezza dei sistemi di captazione dei due acquedotti, per poter consentire la ripresa al più presto possibile all’interno dei laboratori di fisica nucleare degli esperimenti»;  «la messa in sicurezza dei laboratori»  che comprendeva, oltre ai sistemi antincendio, quelli di «rilevazione e di controllo»;   e, soprattutto, la creazione di «un sistema di raccolta delle acque di percolazione e di scarico che prima finivano nelle fogne senza regimentazione»;

altro obiettivo che il Commissario doveva perseguire era quello della sicurezza delle gallerie autostradali;

dalla documentazione e dalle descrizioni fornite nel report finale del commissario Balducci  la cosa chiara che emerge è che i lavori da 84 milioni di euro servivano ad evitare che le acque, in qualche modo contaminate all’interno del laboratorio, poi, non potessero finire dentro le falde acquifere e dentro l’acquedotto gestito da Ruzzo Reti S.p.A. ;

è da tenere in considerazione che sono state anche apportate modifiche ai progetti definitivi ed effettuate molteplici e costose varianti proprio per migliorare ulteriormente quanto ipotizzato inizialmente prima di mettere mano al “sistema Gran Sasso”;

le spese di funzionamento dell’ufficio del commissario è costato poco più di 2milioni di euro, gli studi e le progettazioni  sono costate 3,4 milioni di euro,  e le consulenze per oltre un milione di euro;

per quanto riguarda le somme erogate a enti terzi a Ruzzo Reti Spa sono andati 132.000 euro, a Telecom 609.000 euro e  a Strada dei Parchi 3,2milioni di euro;

le opere più costose sono quelle per complessivi 22,3milioni di euro,  che hanno riguardato gli interventi di carattere idraulico e ambientale delle gallerie, le opere di drenaggio e l’impermeabilizzazione.  L’adeguamento delle reti impiantistiche elettriche è costato oltre 5 milioni di euro; le reti per la ventilazione quasi 10 milioni di euro;  la pavimentazione 7milioni di euro ; il sistema antincendio quasi 5 milioni di euro per un totale di 84 milioni di euro;

il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 all’ art. 94 prevede che per conservare le caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano, le Regioni, individuino le aree di salvaguardia all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda. Ossia tre zone specifiche :

1. La zona di tutela assoluta è costituita dall’area adiacente le captazioni o derivazioni; deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente a opere di captazione e infrastrutture di servizio.

2. La zona di rispetto costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata;

3. Le zone di protezione delimitate dalle Regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico; esse individuano e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti aree: a) di ricarica della falda; b) emergenze naturali e artificiali della falda; c) zone di riserva;

è gravissimo che dopo tutti questi anni e le ingenti risorse investite accadono fatti del genere che lasciano molte ombre sulla bontà del lavoro svolto dal commissario e sulla tutela effettiva della salute dei cittadini che attingono a tale bacino idrico -:

se sia stata valutata la compatibilità della captazione di acque ad uso umano dal bacino idrico di cui sopra con l’attività di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare;

quale sia lo stato dei lavori di messa in sicurezza e conformità dei locali e delle installazioni dei laboratori e perché dopo un decennio di commissariamento e 84 milioni di euro spesi, accadono ancora situazioni come quelle descritte in premessa.

 

FIRMA

PELLEGRINO, MARCON  

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