Licheri manifesta preoccupazione per i cittadini di Bussi ritenendo questa strada un pericoloso precedente anche per altre situazioni similari in giro per l’Italia: “si proceda con la bonifica cosi come consente la legge, ovvero con l’occupazione temporanea delle aree, senza perseguire strane alchimie in cui il privato inquina e il pubblico raccoglie i cocci.
Sinistra Italiana –continua il Segretario regionale di SI– continuerà a dare battaglia finché non si farà chiarezza su questa gravissima vicenda: chiederemo conto anche alla Regione Abruzzo del perché si stia avallando una situazione del genere”.
Di seguito pubblichiamo il testo dell’interrogazione
INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE CON CARATTERE DI URGENZA AI SENSI DELL’ARTICOLO 151 DEL REGOLAMENTO
Al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Premesso che;
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– in data 2 maggio 2017 è stato sottoscritto un accordo di programma tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Abruzzo, il Comune di Bussi sul Tirino e l’azienda Solvay per la cessione delle aree inquinate di proprietà di quest’ultima al Comune pescarese. Un atto propedeutico, secondo quanto affermato nel documento, all’avvio degli interventi di bonifica e, quindi, alla reindustrializzazione del sito;
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– a tal fine le aree esterne al sito di interesse nazionale, ossia le discariche 2A e2B, dovrebbero essere cedute al prezzo simbolico di un euro;
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– secondo le vigenti normative non è tuttavia indispensabile che gli enti locali divengano proprietari dei terreni per procedere alla bonifica, tanto che, su oltre 50 siti di interesse nazionale, nessuno risulta essere stato acquisito da un ente pubblico;
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– la questione rientra nella complessa vicenda delle discariche di Bussi: aree sottoposte ad un avvelenamento senza precedenti, con centinaia di migliaia di rifiuti tossici e scarti industriali interrati. Le vicende giudiziarie avevano inizialmente dichiarato, a fine del 2014, l’avvenuta prescrizione per i reati contestati alla Montedison, proprietaria della zona negli anni dell’inquinamento selvaggio: sentenza ribaltata, nel febbraio di quest’anno, dalla Corte d’assise d’appello dell’Aquila che, pur prescrivendo l’avvelenamento aggravato, ha ricalcolato la prescrizione sulla base delle aggravanti, e ha condannato per disastro colposo alcuni tra i principali ex manager della Montedison;
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– il coinvolgimento e le responsabilità dell’ex Montedison divengono dunque progressivamente più chiare: risulta tuttavia ancora più intricata, oltre che priva della trasparenza necessaria in casi di eccezionale gravità come quello in questione, la vicenda del provvedimento ministeriale che aveva individuato Edison come responsabile dell’inquinamento e della conseguente bonifica e che era stato successivamente respinto dal Consiglio di Stato;
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– risulta poco chiaro come sia possibile procedere in assenza dell’identificazione del responsabile della contaminazione, a cui, ai sensi del principio chi inquina paga e della normativa vigente, dovrebbero essere attribuiti i costi della bonifica;
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– l’acquisizione dei terreni prevista dall’accordo di programma espone l’amministrazione pubblica, nello specifico quella locale, a sostenere i costi della bonifica senza avere la certezza che il responsabile si accolli il costo dell’immane disastro ambientale provocato. Il Testo unico dell’ambiente prevede infatti in tal senso, all’articolo 253, che il privato non responsabile dell’inquinamento al quale venga bonificato un terreno -in questo caso Solvay- debba rifondere il solo valore acquisito dal terreno, mentre il responsabile della contaminazione -non ancora identificato- finanzi i costi della bonifica;
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– le succitate aree, significativamente inquinate, costituiscono un immenso rischio per la collettività. Sembra tuttavia che il fine dell’accordo di programma, volto a realizzare un progetto di bonifica già appaltato per il quale sono necessari 45 milioni di euro di fondi pubblici, sia necessaria l’acquisizione delle aree della Solvay da parte del Comune: una forzatura pericolosa, che creerebbe un pericoloso precedente per altre aree sulle quali insistono i medesimi problemi. Basterebbe in tal senso una occupazione temporanea, che consenta la necessaria e urgente bonifica delle aree succitate;
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– non è dunque comprensibile il motivo che abbia spinto il Ministero dell’Ambiente ad avallare tale orientamento, che si discosta notevolmente dalle ordinarie politiche di dismissione del patrimonio pubblico imposte dallo Stato, consentendo l’acquisizione, da parte della collettività, di discariche tra le più inquinate dell’intero Paese, sottratte tra l’altro ad una multinazionale;