Pescara. La Differenza torna sul mercato discografico dal 5 maggio con il nuovo album Il Tempo Non (D)Esiste progetto discografico nel quale Fabio Falcone e soci omaggiano la musica italiana grazie anche alla partecipazione di grandi nomi del nostro panorama. Il lavoro è stato anticipato dal singolo Tira a Campare con Edoardo Bennato accolto da un ottimo riscontro di critica e pubblico.
“Se un ragazzo della generazione attuale si imbattesse all’improvviso in una successione di canzoni così belle come quelle contenute in questo disco non si farebbe delle domande sul quando queste siano state scritte, se le godrebbe e basta come sarebbe giusto fare con tutto quello che ascoltiamo”.
Ecco, le parole di questo amico youtuber tracciano, meglio di qualunque altra, il perimetro di un’operazione così, il racconto entusiasta di alcuni episodi della canzone italiana intravisti sotto una luce diversa, come se si trattasse a tutti gli effetti di materiale completamente nuovo a disposizione soprattutto di chi non lo conosce nel suo abito originale. Tra i pezzi, qualcuno più noto al grande pubblico ed altri decisamente meno, si respira infatti la vita fuori dall’archivio, una specie di attualità consapevole.
Al di là dunque di qualsiasi valutazione sulle modalità di riproposizione di queste canzoni – gli originali sono sempre più belli di default – scherza Fabio Falcone, il cantante – queste storie sembrano tutte scritte ieri, ed inevitabilmente da grandi autori.
Il Tempo Non (D)Esiste è un richiamo allo splendore del repertorio meno noto di alcuni tra i più grandi artisti del periodo, una ricerca mai pedante ad uso delle nuove generazioni, seppur priva di compiacimento nostalgico. Il riflettore puntato su brani straordinari che sembrano scritti ieri, ma che in buona parte dei casi sono sfuggiti al rimasticamento dei talent show e dei pianobaristi estivi, investe il repertorio di artisti come Edoardo Bennato, Eugenio Finardi, Ron e quello più recente del primo Alex Britti.
E poi quello di Enrico Ruggeri, con diversioni nell’eleganza distaccata di Garbo e nell’intensità di Tony Cicco della Formula 3. Unica eccezione di una hit senza se e senza ma, il Sole Spento realizzato con Omar Pedrini, comunque stravolto fino ad un reggae assolutamente coinvolgente.
Tutti loro hanno apportato la loro collaborazione interpretativa al disco, rendendolo un unicum nell’attuale panorama musicale, così pure come Alberto Fortis che rilegge insieme alla band in chiave dark dance un capolavoro aspro di Faust’o (all’anagrafe Fausto Rossi) e nel caso dell’omaggio diretto agli Skiantos del formidabile Roberto “Freak” Antoni.
“Non si è trattato di attualizzare nulla – spiega Fabio Falcone – ma semplicemente di riprodurre e suonare a modo nostro qualcosa che di per sé era già meraviglioso e “moderno”, inteso nell’accezione migliore naturalmente”.
Il disco si apre con il singolo Tira a Campare di Edoardo Bennato, confronto duro ed emozionante tra lui e la sua città, mentre oggi il testo del brano ci porta al fenomeno della neo-emigrazione del mondo giovanile, ai suoi dubbi e al conflitto senza pace tra l’andare e il restare. La rock ballad osa variazioni armoniche e chitarre distanti per poi esplodere in un inciso perentorio che in coda lascia spazio al brivido della voce di Edo sulla seconda strofa. Uno special dagli echi di archi quasi beat ci restituisce gli amori “inglesi” del gruppo.
In Trappole di e con Eugenio Finardi, una storia cruda e bellissima di eroina e devastazione fisica scritta insieme a Valerio Negrini (il quinto Pooh che ci ha salutato da poco), la band asseconda la strada già tracciata per qualche battuta e poi la devia, rispettosa ma con un ghigno, verso suggestioni elettroniche; Fabio ed Eugenio intanto si scambiano le strofe da vecchi amici per poi doppiare l’inciso.
– Le registrazioni delle parti vocali di Eugenio a Milano, presso l’Up Music Studio – racconta Stefano, il produttore della band – sono state un colpo alla bocca dello stomaco, fantastica la prima e via… cose da pazzi … –
La terza traccia è un reggae che nella sua storia non è mai stato tale, per cui la band si concede l’eccezione di una canzone-culto come Sole Spento dei Timoria.
Il pezzo così prende la strada dell’ossimoro, in un dondolio dark ed abbagliante insieme, con quel testo che da bandiera del grunge non vuole gabbie, leggibile in mille modi diversi, come succede solo alle canzoni più importanti. Mentre il basso della strofa ciondola al sole, quello dell’inciso si inchioda al riff delle due elettriche mentre Omar Pedrini, ex chitarrista e leader dei Timoria oggi solista di successo, domina la scena, con Fabio pronto a rientrare sulle parti successive, in un clima ipnotico e tosto come pochi.
L’unico inedito del disco è Molecolare, preso in prestito da uno dei più interessanti autori della scena italiana, Davide Di Maggio (tra le altre cose ben noto per Cleptomania degli Sugarfree).
Qui la band lascia spazio al gusto elettronico di Jakka e alla Produzione, giocando con gli accenti ed incalzando fino ad un pre-inciso reiterato e ad un ritornello particolarmente “catchy”. Testo bizzarro e furbissimo, in cui c’è la disperazione di un uomo che cerca la verità nel contatto fisico con una compagna che glielo nega, per distacco o per disamore, con i due avvolti in un finale.
Io Ti Cercherò insieme a Ron è stato un momento di grande emozione per tutti. Un classico interiore, e per il produttore un lampo di adolescenza, un cortocircuito temporale. Qui la band si raccoglie intorno alla canzone, la morbida dodici corde di Mattia ed un’elettrica avvolgono un piano filtrato, l’elettronica si muove discreta mentre Fabio e Ron si alternano sulle strofe. La sorprendente modulazione a metà del brano porta all’ultimo inciso finalmente liberato in un gioco a due voci, per poi ridiscendere in un ultimo soffio:“non sapevo di averti vicino mentre andavo lontano”.
Dalla morbidezza di Ron al groove di Alex Britti, in un pezzo bluesy ed intimista insieme: il “millenial” Fortuna Che Non Era Niente. Qui Alex detta subito le regole, con una chitarra delle sue in primo piano e la sua voce che domina la prima strofa. La band non stravolge l’arrangiamento di un tempo ma ne offre punti di vista differenti con qualche sostituzione d’accordo e suoni di synth liquidi, fino a farsi sentire nell’inciso senza timidezze. Brit-sound appunto.Il chitarrismo di Alex in chiusura firma il pezzo con la consueta maestria strumentistica.
Cimentarsi in un pezzo degli Skiantos è wishful thinking ma la band a Roberto Freak Antoni e soci vuole bene davvero, per cui Freak la perdonerà per la lesa maestà dell’operazione.
Non Sarò Mai Quello Che Vuoi è energia pura, rifiuto dell’intromissione, una sana rivendicazione dei cazzi propri. Produttore e gruppo si sono divertiti un mondo. Le chitarre dominano in mezzo a fantasmini di elettronica, il batterista picchia, fuori c’è un sole che spacca le pietre.
Quando uscì Se Mi Vuoi, un pezzo arrangiato dal leggendario maestro Ormi e con il testo della splendida Carla Vistarini, Tony Cicco alias Cico era ovviamente noto per essere un elemento solidissimo della storia della canzone italiana come batterista e cantante della Formula 3 di battistiana memoria.
Il brano prese tutti di sorpresa per la sua eleganza ed efficacia e scalò le classifiche vestito di archi e di un piano elettrico dalle armonie jazzoidi. La band invece se n’è innamorata pensandolo tra rock ed elettronica, con sospensioni e strapiombi in cui si infilano le voci di Fabio e di Tony stesso, fino al climax magico e stremato.
Faust’o, al secolo Fausto Armando Rossi, è un artista pazzesco e, ci raccontano, un filo ombroso, cui la band non ha osato rivolgersi avendo letto che vive una parte del proprio repertorio, Oh Oh Oh compreso, in modo particolarmente critico. Il gruppo però si è lasciata trascinare dalla bellezza e dall’estraniamento consapevole del protagonista della sua canzone e ne ha fatto una versione quasi dance, fatta di elettronica aggressiva e di giochi di sostituzione armonica, chiedendo allo straordinario Alberto Fortis di stare al gioco.
L’attualità dell’isolamento del narratore è talmente forte che ci è venuto naturale comunicarla così, con un senso di apparente e cupissima allegria.
Il Garbo di Berlino è stato un’icona per una generazione intera, ha scritto cose bellissime, ancor più belle dei suoi cappotti scuri infiniti e del pallore della sua espressione che erano già notevoli. Andando a scavare nel repertorio ci siamo imbattuti in Manifesti dell’88, che ci pare segnò un cambio di casa discografica e che produsse brani che andavano oltre i paradigmi della vecchia produzione.
E’ Tardi (ormai) ci è sembrato un brano aperto e suscettibile di interpretazioni diverse. Nel pezzo l’artista duetta con Fabio su registri diversi, due chitarre acustiche inseguono deferenti sintetizzatori e la struttura del brano viene riproposta in modo attualizzato e sicuramente un po’ impertinente.
L’ultima track dell’album è Le Louvre, mega hit dance degli inizi degli ottanta portata al successo da Diana Est. La canzone scritta per la parte testuale da Enrico Ruggeri era un inno modernista, con citazioni che andavano dal dada zurighese all’eleganza passée di musei dalle penombre molto affini all’epoca in cui uscì il disco. Travolgente e diretto. Da qui il desiderio di trasformarlo in un pezzo piano e archi, in cui il testo desse di gomito a rivolti armonici più sofisticati di quelli giocoforza utilizzati nella versione originale.
Enrico Ruggeri è stato fantastico nell’adesione a questo stravolgimento, nobilitando il nostro lavoro con il suo timbro inconfondibile.
Il cd Il Tempo Non (D)Esiste è stato registrato negli studi Round 35 SMR di Pescara, con alcune parti vocali di ospiti riprese nell’Up Music Studio di Cernusco sul Naviglio – Mi – (grazie Sabatino!) e masterizzato da Giovanni Versari nel suo studio La Maestà di Trevozio, tra Forli e Cesena.
Produzione ed Arrangiamenti di Stefano Severini & Raffaele Zaccagna che ne hanno anche curato recording & mixing.