venerdì , 22 Novembre 2024

Pescara, la bella signora compie 90 anni

Auguri bella signora
anche dalla redazione di Hg news

 

L’intervento del sindaco Marco Alessandrini

Buon giorno a tutti i presenti e buon compleanno Pescara. 90 anni e non sentirli!

Nel paese che ha il 50% del patrimonio artistico mondiale, la nostra Pescara ha ben poco di antico e storico, ma appare come una delle poche città moderne d’Italia: tutta moderna senza niente di antico. Una condizione con la quale la città ha sempre dovuto fare i conti, magari a fasi alterne confermando e rinnegando questo oggettivo dato anagrafico.Correva l’anno 1927 e il 2 gennaio, grazie all’incremento demografico e allo sviluppo industriale di Castellamare Adriatico e Pescara (originariamente due piccoli centri urbani sorti sulle due sponde del fiume Aterno-Pescara), venne firmato il decreto di unificazione delle due città sotto il nome di Pescara e la costituzione della provincia omonima. L’11 gennaio ci sarebbe poi stata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e il 12, con il nome di Pescara, la città avrebbe iniziato il suo cammino nell’era moderna. Nel suo “Viaggio in Italia” del 1956, lo scrittore vicentino Guido Piovene così delineava la città di Pescara:
In Abruzzo il mondo dannunziano resta, benché in frantumi, e appare con meno frequenza e con meno evidenza di quello leopardiano tra le colline delle Marche. A contrasto ne emerge il prodigio di Pescara nuova, uno dei fatti straordinari dell’Italia del dopoguerra. Dopo la guerra, infatti, questo grosso centro si è raddoppiato. La città nuova sulla costa a settentrione della vecchia, oltre il ponte sulla Pescara, sorse da una colonia di ferrovieri quando nacque la ferrovia; che, notiamolo di passaggio, avendo generato la città moderna, ne divenne la croce, perche la taglia in tutta la sua lunghezza. Si pensa alle città del Far West, che sono appunto traversate dal treno. Ma anche nell’insieme Pescara è una città americana in Italia, col piccolo nucleo indigeno che in un angolo sopravvive. Si è sviluppata lungo il mare; continua a crescere; manca d’un vero centro, quel centro intorno al quale ruotano le città italiane. Può espandersi senza limite per addizioni successive, come Los Angeles. … la mancanza di un centro rende difficoltosa quella conoscenza reciproca, un po’ pettegola, che si forma in Italia dove tutti convergono in una piazza, una strada, un caffè, a parlare e a darsi spettacolo; ecco invece, unica in Italia, una città ribollente, confusa, in cui uomini e gruppi affluiscono, si addizionano, si accavallano come onde. Per un lato Pescara si può dire la più abruzzese delle città abruzzesi, per un altro lato è l’opposto della regione, di cui assorbe la linfa. … Con Pescara si ha il caso nuovo di un’emigrazione interna che ritrova il suo centro nella regione stessa. Gente di tutto la regione scende a Pescara, Mecca e miraggio dei popoli di montagna.
Le previsioni sul futuro che si fecero allora non si sono rivelate velleitarie ed illusorie, visto che oggi ci troviamo proprio di fronte a quella grande realtà cittadina che era stata prefigurata in brevissimo tempo. Con più 120.000 abitanti siamo la città più popolosa dell’Abruzzo, distesi sull’Adriatico, alla foce del fiume omonimo, tra i colli e il mare, a meno di un’ora di distanza dalla Majella madre, che delinea all’orizzonte della città il suggestivo profilo di una fanciulla, denominata “la bella addormentata”.
Siamo la città di d’Annunzio e Flaiano, di Gabriele Manthoné, eroe della libertà;  Antonino Liberi, ingegnere e architetto; di Oddo e Grosso, campioni del mondo. Siamo anche la città di due ragazzi scomparsi lo scorso anno, troppo presto, a cui rivolgiamo un affettuoso pensiero: Alessandro Angelucci, 34 anni ricercatore universitario morto in Turchia durante una missione scientifica e Jennifer Sterlecchini, 26 anni vittima di un terribile atto di femminicidio.
Celebrare il 90′ anniversario di Pescara significa recuperare la nostra tradizione storica, la nostra identità culturale e i tanti personaggi che ne sono stati interpreti e artefici. Attingiamo a queste preziose memorie per cercare di fare sempre più grande questa nostra città, tramandando alle giovani generazioni il bagaglio delle esperienze e delle tradizioni che ci appartengono. Ricordiamo le sofferenze e le tragedie della guerra e dei bombardamenti subiti, che hanno comportato l’alto riconoscimento a Pescara della medaglia d’oro al merito civile.
A noi amministratori di questa città, divenuta grande e bella in virtù delle sue solide fondamenta storico-culturali e della intraprendenza intelligente della gente pescarese, il compito oneroso e il dovere morale e civico di continuare a proiettarla in un futuro di benessere, prosperità e progresso,  in una prospettiva che vada oltre i confini della città stessa  in una visione metropolitana sempre più ampia ed europeistica.
Celebriamo i 90 anni della nostra città, riflettiamo sul passato per proiettarci con orgoglio e rinnovato ottimismo #versoPescara2027, ancora e per sempre (Hæc est) Civitas Aterni Porta Aprutii et Sera Regni. “Questa è la città di Aterno, porta degli Abruzzi e confine del regno”.
Con questi sentimenti e in questo spirito, rinnovo con il più affettuoso saluto personale e di tutta l’Amministrazione civica, gli auguri di buon compleanno a Pescara, splendida novantenne, tra un po’ ragazza del secolo!

 

Da sx: ilPresidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il Vescovo della diocesi Pescara-Penne Mons. Tommaso Valentinetti e Il Prefetto S.E: Francesco Provolo, presenti all’evento questa mattina

 

L’intervento del presidente Antonio Blasioli

L’unificazione di Pescara e Castellamare Adriatico compie 90 anni e questo traguardo aggiunge capitoli a una storia che non è prossima al secolo, ma che affonda le sue radici all’epoca romana. Vogliamo portare in Consiglio Comunale la memoria di questo passaggio della nostra storia, perché è giusto che le giovani generazioni, che devono costruire la città di domani, sappiano qual era e com’era la città di ieri. Un esercizio di memoria che ci accompagna da sempre e che serve per alimentare quel senso di comunità che ha saputo farsi strada dal gennaio del 1927 a oggi, guadagnando una nuova pelle e lasciando, magari con qualche nostalgia, ma senza rimpianti, quella avuta fino ad allora.
Un cammino grande per una città che è longeva e giovane al contempo, una piccola metropoli che ospita tutte le identità che la compongono e che rincorre il futuro perché ha dentro di sé radici millenarie, la forza dell’innovazione e una voglia incessante di crescere. Una frase del libro di Luigi Lopez “Pescara dalle origini ai giorni nostri” lo testimonia. Dice che il fiume era stato confine per millenni, aveva diviso nell’antichità i Marruccini dai Vestini, le terre Longobarde di Penne da quelle di Chieti e le rispettive diocesi, aveva diviso L’Abruzzo Citeriore da quello Ulteriore e successivamente la provincia di Teramo da quella di Chieti. Dal 1927 il fiume Pescara perse tale funzione e non divise più niente e nessuno!
Credo che questo sia profondamente vero e attuale e descriva bene l’essenza della città, che è quella di accogliere e andare avanti. Dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della decisione Governativa dell’elevazione di Pescara a capoluogo di Provincia e la conseguente unificazione fra i comuni di Castellamare e Pescara, il fiume è diventato non un taglio nel territorio delle due città, come sempre era stato in passato, tanto da venire impresso in una delle Novelle della Pescara di d’Annunzio, la famosa Guerra del Ponte, ma un elemento di congiunzione, un dato identitario della città, composta da quell’umanità ricca e varia della Pescara del Vate e da quella operosa e dinamica che stava in quel di Castellamare.
Tra il 1806 e il 1810, con la riforma amministrativa francese del Regno delle Due Sicilie, Castellamare, che non voleva farsi carico dei debiti di Pescara e che per Statuto mai avrebbe potuto aver il Sindaco del decurionato (vecchi Comuni), aveva deciso di staccarsi da Pescara. All’epoca i Comuni del nostro territorio erano addirittura tre, Pescara, Castellamare e San Silvestro e si racconta che l’esercito francese spesso dovesse intervenire per sedare le liti tra i vicini cittadini, questo al fine di evitare che delle scaramucce diventassero vere e proprie battaglie.
Dopo l’arrivo della ferrovia, invece, siamo nel 1863, vari erano stati gli intenti di una unificazione. Ma nel 1882 per la prima volta intervenne in tal senso tale Mario de Fiori (psedonimo utilizzato da D’Annunzio). Le assemblee comunali di Castellamare Adriatico e Pescara già nel 1918 avevano votato una raccomandazione al Governo di identico tenore che puntava verso l’unificazione in un’unica città con il nome di “Aterno”, ma nel 1924 questo impulso si era fatto anche più pragmatico con la costituzione di un “Comitato di agitazione permanente”, formato da personalità di entrambi i Comuni e poi con la visita dei due rispettvi Sindaci a Roma dal Capo del Governo per perorare la causa, accompagnati dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di Ministri Giacomo Acerbo.
Questa attività del 28 maggio 1924 però provocò la presa di posizione delle Province di Chieti (4 giugno 1924) e Teramo (5 giugno 1926), entrambe contrarie alla perdita di parte dei loro territori. La vicenda di Matteotti rallentò questo processo ma nel 1926, quando il governo fascista decise di dare vita a 17 nuove Province, ci fu l’accelerata definitiva: il provvedimento comprendeva la unificazione dei Comuni di Castellamare Adriatico e Pescara e la formazione di una nuova Provincia, non più Provincia dell’Aterno, ma Provincia di Pescara.
La notizia dell’unificazione venne “recepita” da entrambi i Comuni con stati d’animo che sulle prime furono contrapposti: i Pescaresi e il Sindaco di allora, Ferrugia, erano contenti di aver mantenuto il nome; meno, forse, i Castellamaresi e il loro commissario, il Barone Gustavo de Landerset. Si racconta di manifestazioni di dissenso, specie per il modo in cui si era arrivato a co tanto traguardo. L’art. 4 del decreto era una vera e propria annessione di Castellamare a Pescara. Tuttavia Castellamare mantenne il Palazzo Comunale, sempre nell’ambito del proprio territorio e da Piazza Sacro Cuore venne realizzato nella Piazza monumentale, dove sorge ora. Si conservò anche la possibilità di continuare a chiamare la propria passeggiata sul mare “Riviera di Castellamare”.
Ma il fermento urbanistico, edilizio e anche amministrativo che dominò gli anni successivi, distolse queste gelosie: bisognava costruire una città che fosse capace di farsi strada, insomma: una nuova e grande città con palazzi di pregio, monumentali e moderni e sede di uffici comunali e provinciali.
Era un’occasione unica, che Pescara seppe giocare e vincere, tanto che Ettore Janni, direttore del Corriere della Sera di origini abruzzesi, passando di qui a opera avvenuta, descrisse Pescara, città tutta in fermento di grandezza, che sarà, domani, la terza città adriatica fra Ancona e Bari…
Era la prima metà del Novecento ed era vero. Lo è ancora, anche se questa frase segna la nostra identità e un traguardo che non abbiamo ancora completamente raggiunto, sebbene il cammino che siamo riusciti a fare in questi primi 90 anni dice che siamo sulla buona strada. Ecco perché lo sviluppo di una città non può prescindere dalle proprie radici storiche e culturali, anzi, la città deve rappresentare il libro di storia aperto di ogni cittadino e deve essere la sintesi dei valori che arrivano dal passato, perché idee, opere, valori e ideali rispecchino ogni singolo e la comunità nel suo insieme a cui appartiene.
Noi dobbiamo quindi attingere a queste preziose memorie per accompagnare Pescara nel cammino verso il futuro tramandando alle giovani generazioni il bagaglio delle esperienze della cultura e delle tradizioni che ci appartengono con uno sguardo volto alle ambizioni che animarono l’unificazione: divenire la terza forza sull’Adriatico fra Ancona e Bari.

 

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