Pescara – «La spiaggia è un bene pubblico. Se la si dà in concessione il privato deve pagare un giusto canone. Inoltre non tutta la spiaggia va data ai privati. Devono rimanere le spiagge libere per chi non vuole dissanguarsi per un lettino ed un ombrellone. Perr queste ragioni accolgo favorevolmente la decisione della Corte di giustizia europea relativa all’applicazione della normativa Bolkestein alle concessioni demaniali italiane».
È quanto afferma Michele Marino, vicesegretario provinciale Sinistra Italiana Chieti secondo il quale l’applicazione di questa norma comunitaria potrà mettere fine alla mala gestione delle concessioni balneari in Italia, e quindi anche in Abruzzo.
«Finalmente si mette la parola fine alla gestione feudale delle spiagge italiane –commenta Marino- per anni si è assistito alla successione di padre in figlio di tratti di spiaggia pubblica senza che nessuno potesse intaccare ciò che non era più una concessione pubblica ma un privilegio acquisito. Basta guardare i dati del Ministero delle Infrastrutture (https://dati.mit.gov.it/catalog/dataset/concessioni-demaniali-marittime-a-maggio-2021/resource/5c368853-0890-489d-901d-76846aa1947e) per capire quanto siano irrisori i canoni pagati dagli stabilimenti. Limitandoci solo alla provincia di Chieti si parte subito male dal momento che mancano i dati su moltissime attività con il caso più grave per San Salvo dove non esistono dati pubblici riguardo nessuna attività balneare (cosa a dir poco scandalosa). Passando a Vasto, la località della provincia con più posti letto (Fonte abruzzo.openpolis.it), la maggior parte delle attività balneari versano meno di tremila euro annui di canone: nulla rispetto agli incassi. Salendo, a Casalbordino NESSUN stabilimento paga oltre duemila euro annui con addirittura cinque attività che ne versano meno di mille: cosa a dir poco inconcepibile. Per le casse pubbliche non va meglio a Torino di Sangro dove nessun concessionario versa oltre mille euro l’anno. Peggio a Fossacesia dove non è dato sapere quanto versino ben 15 stabilimenti. Caso eccezionale, ma che in realtà dovrebbe essere la norma, ad Ortona dove oltre 30 attività balneari pagano oltre diecimila euro di canone annuale. E per finire Francavilla dove il canone più alto, diecimila euro annui, è versato da un solo concessionario. Dati alla mano, ci sono balneatori che con l’affitto di un solo ombrellone coprono l’intero costo della concessione. Come se non bastasse gli “imprenditori del mare” vogliono far passare l’acquisto di due ombrelloni e una passata di antiruggine sulle ringhiere come “investimenti” in modo tale da avere l’ennesimo ingiusto vantaggio (ovvero punteggi superiori) a fronte delle future gare d’appalto a cui saranno costretti a partecipare. Per non farci mancare niente poi si è pronti ad affidare ai privati anche gli ultimi lembi di spiaggia libera rimasti rendendo di fatto impossibile usufruire della spiaggia senza dover pagare. In questo modo ad una famiglia con figli che non può permettersi i prezzi d’oro degli ombrelloni degli stabilimenti sarà negata la possibilità di andare al mare. Cosa questa semplicemente inaccettabile. Va perseguita la libera e gratuita fruizione da parte di tutti ed il pagamento di un canone demaniale congruo ed equo.» Conclude Marino.