Pescara – I dati dei nuclei familiari richiedenti Reddito o Pensione di Cittadinanza in Abruzzo e Molise, rispecchiano la situazione di crisi e di difficoltà che sta colpendo principalmente i soggetti più fragili, le cui condizioni sociali ed economiche stanno rapidamente peggiorando. Sono, infatti, 1.194 in più le famiglie che nel 2022 hanno richiesto questa misura in Abruzzo e 833 in Molise. Complessivamente i nuclei coinvolti sono stati, quest’anno (fino al 30 settembre) rispettivamente 22.890 e 6.184.
I Dati diffusi dalla CGIL Abruzzo e Molise sono in linea con la crescita che si è registrata a livello nazionale: come lo scorso anno, infatti, le famiglie abruzzesi richiedenti sono l’1,9% del totale nazionale e lo 0,5% quelle molisane.
In Abruzzo, continua ad essere Pescara la provincia con il maggior numero di richieste (6.652, 827 in più rispetto al 2021), seguita da Chieti (6.315 domande, 819 in più dello scorso anno), L’Aquila con 5.551 domande (+106) ed infine Teramo con 4.552 richieste (172 in più del 2021).
In Molise, invece, con 4.639, si registra una forte crescita di domande in provincia di Campobasso (+757), mentre il dato di Isernia rimane stabile a 1.545 (+76).
Numeri che rimandano ad una situazione di disagio sociale, solo parzialmente mitigata da una misura che mediamente vale, per ogni nucleo, 521€ in Abruzzo e 524€ in Molise. Complessivamente le persone che hanno beneficiato del sostegno sono state, nell’anno in corso, 61.903 in Abruzzo e 16.726 in Molise.
Ben più ampia la platea dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, rispetto alla Pensione di Cittadinanza. Beneficiano del primo, infatti, il 95% del totale sia in Abruzzo che in Molise, a conferma che la mancanza di occupazione che garantisca un reddito dignitoso, è la principale causa della povertà.
In Abruzzo e Molise, così come nel resto del Paese, i nuclei familiari maggiormente coinvolti dal sostegno, sono quelli con un solo componente e quelli con 4 componenti di cui almeno un figlio minore.
«In un momento storico come l’attuale, –commenta la CGIL– dove i venti di guerra fanno sentire i loro echi con bollette sempre più care e nella difficoltà generale di trovare lavoro, non è quindi immaginabile tagliare una misura che garantisce la sopravvivenza a tanti e tante.
È evidente che, ad oggi, così come per gli altri ammortizzatori sociali (NASPI e cassa integrazione straordinaria in primis) a dover essere migliorate sono le politiche attive del lavoro: aiuto e sostegno concreto alla ricerca di un lavoro che consenta un’esistenza dignitosa a chi oggi non ce l’ha.
Ben vengano quindi, le politiche formative, di competenza delle singole Regioni e finanziate principalmente dalle risorse del PNRR, che si stanno mettendo in campo. Ma si faccia di tutto affinché siano davvero funzionali a dare risposte ai bisogni di chi non ha un’occupazione e non si limitino ad essere un “sostegno” ad enti formativi privati. È necessario, infatti, che da un lato si costruiscano competenze utili per le opportunità che il territorio offre, dall’altro che si monitorino costantemente i risultati della formazione che viene fatta, misurandone anche gli effetti in termini di nuova occupazione prodotta.
La CGIL Abruzzo e Molise continuerà a sostenere queste battaglie di giustizia sociale che da sempre la vedono protagonista nelle piazze regionali e nazionali, a prescindere dal colore dei Governi che si succedono, con l’unico obiettivo di migliorare le condizioni di vita e lavoro di lavoratrici e lavoratori e di pensionate e pensionati, affinché nessuno rimanga indietro.» Conclude la CGIL Abruzzo e Molise.