C’è ragione di credere che i nomi di “Elisabetta”, “Betta”, “Betty”, nascano tutti dall’immensa popolarità di questa gigantessa della pietà cristiana, la cui fama si diffuse assai presto in tutta l’Europa.
Per tornare alla devozione degli assergesi per questa originale sovrana che avrebbe donato alla comunità dell’argento per far realizzare un’artistica cassa in cui riporre le spoglie mortali di San Franco, c’è da osservare che il racconto, pur suscitando forti perplessità in ordine alla sua fondatezza storica (come poteva Elisabetta, che non risulta aver mai visitato l’Italia, essere venuta a conoscenza di un eremita suo coevo che viveva o che era morto da poco in una sperduta spelonca dell’Appennino abruzzese? Ma, soprattutto, perché mai l’urna d’argento fu realizzata nel 1480-81, come risulta da documento inoppugnabile, a ben 250 anni di distanza dalla presunta donazione?) spiega il grande prestigio di cui godette nei secoli passati presso il popolo cristiano questa giovane e singolare santa della carità.
L’improbabile storia dimostra, in ogni caso, quanto sia pervasiva e contagiosa la carità, quanta ammirazione desti in ogni tempo e in ogni luogo la pratica di questa virtù teologale, la sola che rimarrà attuale nell’avvento del regno di Cristo, quando le altre due virtù, la fede e la speranza, saranno superate, come insegna l’apostolo Paolo. La leggenda assergese, se non è documento storico, è pur sempre testimonianza delle ragioni del cuore, legame misterioso con quella comunione dei santi che attraversa come un fiume carsico tutta la storia dell’Europa cristiana, dall’Irlanda alla Sicilia, da Lisbona a San Pietroburgo. È storia che si ammanta di poesia, è colore attinto alla grande tavolozza dell’anima cristiana. Forse gli assergesi delle passate stagioni della storia, con quella felice intuizione che ha spesso accompagnato il popolo cristiano attraverso i secoli e che è istinto infallibile (ciò che la sapienza cattolica chiama “sensum fidei”), hanno voluto a loro modo rendere omaggio alla straordinaria testimonianza cristiana di una donna fuori del comune, immortalata nelle tele di tanti pittori, in Italia e in Europa: vero capolavoro della Grazia Divina da riproporre a un continente che sembra aver smarrito la sua vera anima.