Quali e quanti sono i malesseri, beninteso passeggeri, in vigore giornalmente sulla Terra tra i suoi sette miliardi di occupanti? Tanti da poterne dedurre la presenza di un day hospital generalizzato, che sia sempre in funzione? Se ne occupa Giuseppe Rosato nel suo ultimo libro di aforismi e riflessioni umoristiche e ironiche, senz’altro il migliore del versatile autore frentano: “Day hospital. Malesseri passeggeri” (Edizioni Mondo Nuovo, con introduzione di Massimo Pamio).
In particolare, nella seconda sezione, denominata Lazzaretto, un vero e proprio scoppiettio di mortaretti, un diluvio di fuochi d’artificio, brevi e fulminanti, gli aforismi rosatiani rivaleggiano con quelli di Flaiano, Maccari, Longanesi, Marchesi, Terzoli e Vaime, (di cui vorrei citare solo un titolo “rosatiano”, Tutti possono arricchire tranne i poveri). Per tutti, valga un esempio: “Che tristezza vedere gli animali azzuffarsi come uomini”.
Rosato diviene perfino profeta: l’umorista lo è, a modo suo, uno che ne sa una più del diavolo, e per tanto, ne cattura il pensiero. Scrive Pamio nella prefazione: “Per questa opera si potrebbe coniugare un neologismo: rosatiano. Per intendere l’atteggiamento ironico, intelligente, amaro, disincantato, deluso e rassegnato nei confronti della quotidianità umana, quella in cui si rivela come per magia il mistero dell’uomo, nella sua fragile illusione di impunità, di furbizia, di inganno”.
Giuseppe Rosato (Lanciano 1932) ha insegnato Lettere e lavorato per la RAI, nei servizi culturali e nei programmi, e per riviste e terze pagine di quotidiani. Ha condiretto le riviste Dimensioni (1958-1974) e Questarte (1977-1986). Ha pubblicato libri di versi in lingua e dialetto (a incominciare da L’acqua felice, Schwarz, Milano 1957, fino a Un altro inverno, Book Editore, 2020), di narrativa, di prose brevi e aforismi, oltre ad operine satiriche, epigrammatiche, parodistiche. Nel 1966 ha fondato, con Ottaviano Giannangeli, il Premio Nazionale “Lanciano” (poi “Mario Sansone”) di poesia dialettale. Ha ottenuto premi letterari, soprattutto per la poesia, tra i quali il Carducci (1960) e il Pascoli (2010).