PESCARA – «L’economia abruzzese non può permettersi altro tempo in ‘zona rossa’: occorre fare tutto il possibile perché l’Abruzzo torni in ‘zona arancione’ entro il week-end dell’Immacolata e appena le condizioni lo consentiranno anche in ‘zona gialla’, onde scongiurare un ulteriore, gravissimo danno alle attività produttive della nostra regione». E’ la richiesta pressante contenuta in una nota congiunta delle associazioni imprenditoriali Agci, Casartigiani, Cia, Claai, Cna, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria, Legacoop e dei sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl, che rivolgono un appello al presidente della Regione, Marco Marsilio, e con lui al ministro della Salute, Roberto Speranza «affinché si possa trovare ora, oltre le differenze di schieramento e di collocazione istituzionale, un’intesa ragionevole ed equilibrata per il raggiungimento di questo obiettivo, anche alla luce del miglioramento dei dati epidemiologici relativi all’andamento della pandemia».
Il cartello di sigle, che rappresenta i settori dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio, della cooperazione, dell’industria, dei servizi e del turismo, oltre ai sindacati dei lavoratori, si dice «molto preoccupato alla luce del fatto che la nostra regione, a differenza di altre, rischia di patire, proprio a ridosso di un periodo strategico come le festività di fine anno, un ulteriore prolungamento delle restrizioni previste dall’istituzione della ‘zona rossa’. E questo a causa del disallineamento tra la data ‘reale’ di istituzione voluta dalla Regione (16 novembre), e quella ‘formale’ indicata dal governo quattro giorni dopo (20 novembre). Un groviglio di date in cui non vorremmo che adesso, a rimetterci più che in altri territori italiani, siano attività produttive già così tanto duramente provate: perché mentre leggiamo di altri territori che si apprestano ad essere alleggeriti dai vincoli, ci ritroveremmo in pratica quasi da soli messi all’indice». «Abbiamo sempre sostenuto e sempre continueremo a sostenere – concludono – che la doverosa tutela della salute pubblica debba essere coniugata con quelle delle attività produttive e delle persone, imprenditori e dipendenti, che di queste vivono».