Montesilvano – “L’ipocrisia è un vizio di moda e come tutti i vizi di moda passa per virtù”.
Così la consigliera del PD di Montesilvano Romina Di Costanzo in un post sui social commenta la segnalazione ricevuta da Fabio Terrenzi circa lo stato di abbandono dell’opera del Maestro Franco Summa che da tempo giace abbandonata in un terreno privato tra gli sterpi.
“Guardando da lontano si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una immagine vecchia di secoli: il colonnato diruto di un ritrovamento archeologico; percorrendo, invece, i 50 metri di lunghezza occupati dall’opera, si è invitati a sostare per quindici volte davanti a quindici diversi «ritrovamenti»(…) Il cono, la sfera, il cilindro, il cerchio : forme archetipe di una architettura eterna; il labirinto, la torre di Babele, strumenti di evocazione di storia umana in cui lo spazio dell’esperienza si contrappone allo spazio reale”.
Così la scomparsa Adina Riga, che a lungo collaborò col Maestro Franco Summa, nel lontano 1980 sul n.613 di Domus descriveva l’opera En Arché, 1979/80, disposta su un’area fronte mare area di Montesilvano.
«“Vibrante di luci riflesse, nella continuità degli edifici schierati sul mare che improvvisa si apre un’area libera”. Purtroppo –commenta Di Costanzo–proprio quell’area fu liberata dall’allestimento dell’opera per far posto ad un più comodo e meno artistico parcheggio condominiale. Nel frattempo mi sono chiesta che fine avesse fatto quel colonnato diruto e quindici diversi elementi provenienti da ciò che Summa aveva definito archeologia della memoria».
«Cosciente della “sensibilità” che ci caratterizza, lo immaginavo smontato e custodito in qualche magazzino; –scrive nel post la consigliera Dem– invece, grazie all’attenta caparbietà dell’amico Fabio Terrenzi oggi mi è stata restituita una realtà ancor più amara di quanto supponessi. Mentre ognuno celebra le doti del Maestro, rispolverando qualche foto d’archivio che lo veda insieme protagonista e la vicina Pescara discute su dove poter rinstallare un’opera smantellata 27 anni fa, a Montesilvano En Archè, un’opera di più di 40 anni fa giace a terra su un campo d’erba, in parte coperto dalla vegetazione spontanea.
Non sarebbe stata più bella la nostra città se l’urbanistica avesse continuato ad accogliere quegli spunti di colore e forma che il Maestro iniziò negli anni 80 con Alberto D’Andrea?
Scriveva la Riga, riferendosi all’opera “ciò che era destinato a rimanere unicamente nella memoria diviene presenza fisica reale e perciò spesso destinata a rinnovare ogni giorno l’esperienza di un contrasto insanabile tra sé e il circostante”. E in questo luogo, abbandonata all’incuria, tra la vegetazione spontanea anche oggi l’opera del Maestro celebra il “contrasto insanabile tra sè e il circostante”, quasi fossero arcane testimonianze di una lontana civiltà in un mondo civilizzato solo a parole».