GINO BERARDI pittore
I lavori di Gino berardi sono il frutto di un percorso di ricerca espressiva, che approda a soluzioni informali di forte impatto visivo. Una miriade di colori e disegni prendono vita sulla tela tessendo una trama complessa da cui emergono accenni di elementi figurali, allusioni rubate al mondo reale. Il colore scandisce il ritmo dell’opera, in una esplosione esuberante dove i pigmenti parcellizzati si sovrappongono e si alternano su più piani, in un coinvolgente gioco di soluzioni. Il segno è deciso, con richiami al dripping di Pollok, il dinamismo di queste opere sembrano voler tradurre in pittura lo stesso magma di pulsioni e sensazioni che si agitano nella psiche. Lo sguardo scivola così lungo le pieghe del dipinto cercando di recuperare il significato ultimo e il sentimento che ha ispirato la mano dell’artista.
Paolo Levi
GIANFRANCO ZAZZERONI pittore e incisore
La levità del sogno e la concretezza del reale. L’abisso delle passioni e la via luminosa dello spirito. Il magma dell’informe e l’ordine razionale del mondo. L’eterno ripetersi dei cicli naturali e la fugacità dell’esistenza umana. L’opera di Gianfranco Zazzeroni si nutre del dialogo tra gli opposti, del loro sovrapporsi e significarsi a vicenda. Come in un ossimoro, dove il conflitto tra le parole genera un nuovo significato, così nella sua pittura il contrasto tra realtà distanti genera un nuovo linguaggio. Una dialettica che riguarda tanto i concetti quanto la tecnica, che vede l’artista intento a coniugare forza incisiva del segno ed astrazione lirica del colore.
La prima è retaggio dell’esperienza maturata nella pratica incisoria, dove il segno è scrittura, pensiero della mano, forma grafica che non ammette errori. La seconda, invece, è conseguenza di un intimo rapporto con la pittura, intimo perché vocato ad una totale introiezione dei valori del dipinto. E quindi, anzitutto, del colore, che in Zazzeroni è cifra dell’invisibile, parola del sentimento. Quando segno inciso e colore convivono nello spazio dell’opera, come nel caso delle puntesecche, si ha l’impressione che l’antagonismo tra la scabra durezza della trama segnica e la consistenza rarefatta delle stesure sia soltanto apparente. Anziché confliggere, colore e segno si compensano reciprocamente: se il primo diluisce la forma con l’intento di disperderla, il secondo, invece, interviene per riportarla alla perduta concretezza. Le suggestioni che nascono dal colore, quando questo si spinge oltre il visibile, rispondono solo in parte alle intenzioni dell’artista; vivono di vita propria, senza avere più alcun legame con la materia fisica. Al contrario, il segno è la prova inconfutabile e concreta di una volontà che si fissa sul supporto dopo aver attraversato diversi stadi interiori. Complementari l’uno dell’altro, segno e colore s’incontrano nell’opera di Zazzeroni per evocare una costante dicotomia tra ordine e caos, ragione e sogno. Di questo confronto con l’azione segnica, il colore dipinto conserva il ricordo, facendo sì che ogni pennellata, così come ogni passaggio di spatola, indichino al contempo una traccia e una direzione. E siamo nuovamente al cospetto di un rapporto di forza tra due dimensioni che si accordano sul piano dell’espressione. Questa volta però si tratta di una polarità interna al colore, al suo essere impronta di verità irrinunciabili e allo stesso tempo proiezione che guida queste verità verso il cambiamento, la trasformazione. Poco importa che sia macchia, frammento, sciabolata o evento magmatico: il colore, nella pittura di Zazzeroni, è sempre il tramite di un passaggio, una via da percorrere con gli occhi e con la mente. Lungo questo percorso, ciò che si ripete non è mai uguale a se stesso: i colori irrompono, deflagrano, si addensano, si diradano, debordano come in preda ad un sisma che scuote i margini della tela. In altre parole: vivono. E insieme a loro, è la vita stessa che si riversa nello spazio dipinto, con i suoi accadimenti temporali, le sue morti e le sue rinascite, la sua tensione verso un altrove nascosto nel sogno o dietro le nuvole. È il senso di un dinamismo sotteso all’esistere, di un viaggio interiore che procede, dalla terra al cielo. Vale a dire: dalla materia creata alla scintilla della creazione, dalla limitatezza della natura umana al desiderio d’infinito. È il cammino verso l’ineluttabile, che guida il destino o governa il sentimento; una fuga dall’orrore, dal nonsenso degli eventi, dalla disperazione. È soprattutto la rivelazione di una pittura che, quasi fosse una porta magica, trasfigura la realtà in sogno, affidando a questo incantesimo il compito di immaginare nuovi scenari di senso, attraverso ed anche oltre il colore.
Daniela Pronestì
BIPERSONALE DI PITTURA DEGLI ARTISTI Gino Berardi e Gianfranco Zazzeroni
AURUM PESCARA sala Alambicchi
4/14 Dicembre 2019