La notizia è ormai di diversi giorni fa. In tribunale la maggiore multinazionale presente in una delle più vaste aree industriali del Centro-Sud Italia è stata condannata a risarcire un lavoratore a cui non ha permesso di recarsi in bagno. Una vittoria giudiziaria figlia dell’impegno dell’Unione Sindacale di Base e delle sue strutture locali.
«Nonostante appare di grandissima importanza, –commenta Azione Civile– non ha suscitato praticamente nessuna presa di posizione. Né da altri sindacati né dalla galassia della “sinistra” abruzzese. I fatti sono accaduti nell’era del grande manager Marchionne, l’antesignano del jobs act e della cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, della disintegrazione della contrattazione collettiva e del confronto tra parti sociali. Assume quindi un valore anche altamente simbolico e che va oltre la banale cronaca. Perché viene sancito dopo anni di politiche neoliberiste sfrenate in cui i diritti dei lavoratori sono stati considerati ostacoli da rimuovere che, invece, prima del profitto, della produttività ad ogni costo, viene la dignità e l’umanità. Di persone che non sono ingranaggi della catena produttiva. E’ sancito nella Costituzione Italiana da troppo tempo nel mirino di tentativi di demolizione. Dettati dalla grande finanza mondiale, non dimentichiamo mai il famoso monito di Jp Morgan, e da industriali alla Marchionne».
Azione Civile nella nota plaude alla vittoria dell’USB e del lavoratore coinvolto in questo grave episodio. Auspicando che da qui possa ripartire un dibattito e una lotta vera e autentica, “senza tatticismi e politicismi inutili e deleteri, per il rispetto dei lavoratori, per la fine della retorica della produttività e del profitto ad ogni costo. Per la difesa dei valori costituzionali e della giustizia sociale”.