«Il progetto della Grande Pescara è sostanzialmente una annessione del nostro territorio al capoluogo. Io sono contrario al provvedimento innescato dal referendum nel 2014, e che dovrebbe portare alla cancellazione dei Comuni di Spoltore e Montesilvano, perché sono convinto che quella consultazione sia stata fin dall’inizio falsata dall’assenza di una vera opposizione, in quanto frutto di un inciucio tra centrosinistra e centrodestra, dalla totale mancanza di coinvolgimento della amministrazioni comunali, dall’assenza di un quorum, che ha avrebbe reso comunque inutile un eventuale dissenso della nostra comunità: come avrebbe potuto il “No” prevalere se Spoltore ha meno di 20 mila abitanti e Pescara più di 100 mila? Con queste premesse è ovvio che chi era contrario non è stato stimolato a partecipare» Così in una nota il presidente del Consiglio del Comune di Spoltore Lucio Matricciani.
«Ci sono tante ragioni pratiche e concrete per essere contrari: su tutte –aggiunge Matricciani– voglio ricordare la pianificazione urbanistica, che verrà inevitabilmente stravolta inserendo dal punto di vista amministrativo Spoltore in una realtà più ampia. Il nostro comune, in questi anni, è stato tutelato più di qualsiasi altro territorio abruzzese dall’edilizia residenziale selvaggia, dalla nascita di capannoni industriali inutilizzati, dal proliferare di centri commerciali che fanno respirare l’economia nell’immediato ma impoveriscono il tessuto produttivo per decenni. È chiaro poi che non sarà possibile uniformare il nuovo comune ai livelli di tassazione di Spoltore, né raggiungere in tempi brevi per i territori di Montesilvano e Pescara la quota di raccolta differenziata che noi abbiamo adesso, grazie a dieci anni di raccolta domiciliare porta a porta.
Sono tuttavia consapevole del risultato referendario, che ha visto prevalere il sì alla fusione, e dell’esistenza di una legge approvata all’unanimità durante la precedente legislatura regionale. Quel voto nel referendum, che oramai inizia ad essere lontano nel tempo, può trovare un seguito chiedendo ai cittadini di votare nuovamente su un progetto concreto, non su una scatola vuota come l’attuale legge regionale,
Voglio inoltre ricordare il magro risultato elettorale alle recenti consultazioni del promotore del progetto, l’avvocato Carlo Costantini, che si è candidato a sindaco di proprio con lo slogan di “fare Grande Pescara”: poco più di 4000 voti, pari al 6,35% dei consensi, sono la prova più eloquente dell’interesse della cittadinanza sul tema.
Da questa considerazione nasce a mio avviso l’esigenza di una nuova consultazione referendaria, fondata stavolta su un progetto concreto da sottoporre ai nostri cittadini. Il referendum del 2014 è stato un grave errore, perché si è chiesto ai cittadini di votare solo evidenziando, con dati imprecisi, i costi delle amministrazioni locali e sull’onda demagogica avversa alla politica. Bisognava invece consultare i cittadini su un progetto concreto, far capire le conseguenze del procedimento sulla vita quotidiana, magari con un disegno di legge già abbozzato che contenesse indicazioni precise su tempi e modalità della fusione, su dove saranno fisicamente collocati gli uffici e così via.
Sono infine personalmente convinto che la vittoria del sì abbia come ragione l’assoluta mancanza di dibattito sul tema della fusione, che è finito in secondo piano durante la campagna elettorale del 2014 e non ha permesso ai cittadini di comprendere le reali implicazioni del voto».