Le esternazioni espresse ieri, lunedì 6 maggio, dal Vice Premier Matteo Salvini, nel corso del comizio di Foligno, contro i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, ci impongono alcune importanti riflessioni.
La più scontata, evidente e quindi da rilevare, riguarda l’uniformità di pensiero nei nostri confronti, a prescindere dal colore politico, che anima storicamente i nostri governanti. Quello di “dare addosso” a chi, con il proprio impegno e professionalità, riesce a reggere le sorti economiche del Paese, pur dovendosi districare quotidianamente fra una miriade di leggi, spesso cervellotiche, che inducono i contribuenti all’evasione, vista l’incapacità di gestire la cosa pubblica da chi siede sugli scranni governativi, è ormai una “moda” consolidata. Le campagne elettorali sulla pelle dei dipendenti delle Agenzie Fiscali rappresentano lo specchio di una classe politica inadeguata a trovare le giuste soluzioni e contromisure alla crisi economica, che costringe centinaia di migliaia di famiglie a stringere la cinghia.
Il falso modello istituzionale descritto dal politico di turno, mostra agli italiani una struttura, l’Agenzia delle Entrate appunto, asettica dal contesto dello Stato, quasi aliena a esso, che si diverte a torturare i poveri cittadini. Senza bisogno di entrare nel merito di quest’assurda rappresentazione, bisognerebbe invece ricordare a tutti che noi siamo parte integrante della struttura pubblica. Un Generale che critica i suoi soldati senza nemmeno sapere di cosa si occupano e che, semplicemente, ogni giorno SONO OBBLIGATI a fare il loro dovere, sotto l’occhio vigile di colonnelli nominati da lui, non può essere un buon comandante in campo, è evidente.
Ascoltando le parole del ministro, cosa avrebbero dovuto fare stamattina, una volta iniziata la giornata lavorativa, le decine di migliaia di funzionari dell’Agenzia? Continuare a svolgere il lavoro per cui sono pagati e, quindi, disubbidire a chi governa, oppure assecondarlo, limitandosi a rimanere seduti senza fare nulla, con la consapevolezza però di essere redarguiti dal proprio dirigente, che deve raggiungere gli obiettivi numerici e monetari imposti dallo stesso governo, il quale al contempo non vuole si facciano accertamenti? …
Grazie al nostro lavoro il Paese può ancora assicurare ai cittadini equità sociale e incremento dell’economia, nonostante il progressivo aumento dei carichi di lavoro a cui non corrispondono le giuste risorse. Vantiamo la più bassa percentuale di condanne per corruzione (per numero di dipendenti) della P.A., senza dimenticare che, in genere, quelle poche, immediatamente messe in risalto dai Media, riguardano spesso i dirigenti e non i funzionari.
L’appello che vogliamo quindi rivolgere a tutti gli italiani è semplicemente di informarsi. Quando un governante lancia strali da un palco, urlando che le cose così non vanno, dopo averlo applaudito, magari imparate a chiedergli quali siano le soluzioni tangibili che propone. Distruggere non è poi così difficile, ma costruire è tutt’altra cosa.
ROBERTO SANSONETTO
SEGRETARIO REGIONALE CONFSAL UNSA ABRUZZO