Il nuovo regolamento in particolare dispone che, in presenza di motivate ragioni di interesse pubblico, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare possa derogare al divieto di reintroduzione, introduzione e popolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone nel territorio italiano, sulla base sia di studi che evidenzino l’assenza di effetti negativi sull’ambiente, sia di appositi criteri, che lo stesso dovrà adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento.
È unanime la presa di posizione del mondo scientifico contro il sostanziale via libera da parte del Consiglio dei ministri alla introduzione di pesci alloctoni nelle acque interne italiane. Contro il provvedimento il WWF aveva già preso posizione con una lettera inviata al Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa firmata, oltre che da altre associazioni ambientaliste, anche dal CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale) e dall’AIIAD (Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci). Ora a scendere in campo è la SHI (Societas Herpetologica Italica) che ha indirizzato una articolata nota al Ministro Costa e alla Commissione Europea. Nel testo, firmato dal presidente SHI Roberto Sindaco si ricorda che «Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 aprile scorso ha approvato, tra l’altro, il “Regolamento recante ulteriori modifiche all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche». «Si tratta – afferma la SHI, ribadendo quella che è la posizione di tutto il mondo scientifico – di un provvedimento che potrebbe mettere a gravissimo rischio la biodiversità fluviale».
«Ci si chiede – commenta la SHI – quali siano gli “imperativi motivi di interesse pubblico” richiesti dall’Art. 9 del D.P.R. 120/2003 per derogare dalla tutela di specie e habitat, e come mai non siano stati addotti nel caso della DGR. n. 514 del 18.04.2018 della Regione Marche, che nella primavera 2018 ha immesso 5 tonnellate di trote di ceppo atlantico in numerosi fiumi del proprio territorio, dato che detta immissione, contestata da numerose società scientifiche, è stata giustificata come progetto “sperimentale”, ignorando la letteratura scientifica mondiale che indica le immissioni di ittiofauna alloctona come una delle principali minacce, a livello globale, per gli ecosistemi acquatici e per molte specie minacciate. Il provvedimento, attuato sulla spinta di interessi legati alla pesca cosiddetta “sportiva”, modificando il decreto del Presidente della Repubblica del 1997 che ha recepito la “Direttiva Habitat”, mette a serissimo ulteriore rischio la biodiversità di laghi e fiumi italiani e pone certamente le condizioni perché l’Italia possa essere assoggetta a una nuova procedura di infrazione».
Una organizzazione che rappresenta una parte dei pescatori sportivi italiani, la Fipsas, a commento di questo regolamento ha emesso una nota di giubilo affermando che la nuova norma “rende finalmente le immissioni legittime in tutte le acque italiane”. È proprio questo il rischio da scongiurare: le acque interne non rappresentano un trastullo per i pescatori e meno che mai un campo di gara per ami e lenze. Su tratta di ecosistemi complessi che l’Europa e prima ancora il buon senso ci chiede di tutelare. Tra l’altro la presenza o meno di fauna ittica alloctona è uno dei criteri per valutare la buona qualità delle acque e il provvedimento in questione comporterebbe un diffuso peggioramento aprendo anche in questo caso la strada a una procedura di infrazione, ancora una volta per la cattiva applicazione della Direttiva Habitat.
La Societas Herpetologica Italica conclude la sua lettera con una esortazione che il WWF condivide in pieno: «La nostra società scientifica si appella al Ministro dell’Ambiente perché tutto questo venga scongiurato, a tutela della fauna nel suo complesso e delle 41 specie di pesci autoctoni, 13 delle quali endemiche, tuttora presenti nelle acque interne italiane, di numerose specie di anfibi endemici, di innumerevoli specie di invertebrati e della conservazione della Natura italiana nel suo complesso».