“Sorvolando poi sui toni da lei utilizzati, siamo a puntualizzare che il “manifesto” in questione campeggiava alle sue spalle durante la presentazione della campagna anti prostituzione del 9 marzo e che, anche oggi, è sulla prima pagina dei quotidiani. Se preferisce lo chiameremo “slogan” della sua campagna pubblicitaria, così da eliminare ogni confusione lessicale, pur ribadendo la nostra richiesta di eliminarlo dalla campagna in questione”. “Lei – continua Genco – così attento al significato delle parole, dovrebbe conoscere il significato ed il valore del termine “puttana”, che da alla sua campagna, un senso diverso da quello che invece dovrebbe. Chiamare “puttane” queste donne, vittime di sfruttamento sessuale, è il peggior stereotipo di genere che potesse utilizzare in quanto colpevolizza chi viene sfruttato e non chi sfrutta. La lotta alla prostituzione non è mai stata messa in discussione e ci mancherebbe, ognuna di noi la porta avanti da anni, con la tutela delle vittime, attraverso le proprie professionalità e nel perimetro dei propri ruoli. Ciò che contestiamo sono le modalità utilizzate anzi, le parole utilizzate e ciò che esse veicolano, cosa che a nostro parere non rappresenta un dettaglio! Prendiamo comunque atto che nessuno dei numerosi manifesti affissi in tutto il suo Comune riporta la frase incriminata, cosa che ci lascia ben sperare in un suo ravvedimento”. “Continueremo a monitorare la situazione – termina Genco – insieme a numerosissime donne e uomini che, come giusto, si sono sentiti offesi dal linguaggio utilizzato nello “slogan” in questione della sua campagna pubblicitaria”
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