Il mio primo contatto con il Parco Nazionale d’Abruzzo data oramai al 1995, quando, insieme con un nutrito gruppo di amici e colleghi della facoltà di sociologia di Napoli, venimmo a passare un paio di settimane in agosto a casa di uno di loro, a Bisegna. Quando mi affacciai per la prima volta dal belvedere di Barrea qualcosa in me cambiò, era la prima volta che andavo in montagna e capii che c’era qualcosa di ancestrale che mi richiamava. Tanto rimasi affascinato dai luoghi che feci domanda come volontario per il parco l’anno successivo. In quell’occasione, durante un piovoso settembre, ebbi un primo contatto, purtroppo solo uditivo, coi lupi. Eravamo a presidiare l’accesso a val Fondillo, all’epoca c’era solo una roulotte senza nemmeno corrente elettrica, quindi andammo a dormire presto e ci svegliammo di conseguenza. Io e il mio compagno di squadra, un taciturno ragazzo bergamasco di nome Rudy, iniziammo a percorrere la valle che era spuntato da pochissimo il sole; dopo poche centinaia di metri udimmo due ululati, un momento che è rimasto indelebile nella mia memoria. A quel tempo avrei davvero voluto intraprendere la carriera del fotografo naturalista, ma, per tanti motivi, il destino e le scelte hanno deciso altrimenti.
La passione però è rimasta, sia per la natura che per gli animali, e il mestiere di fotografo anche è rimasto attivo, e ogni volta che ritorno al Parco, dove vengo almeno una volta l’anno da ventitré anni, non posso fare a meno di venire attrezzato quasi dovessi intraprendere un safari fotografico. Certo la fortuna non è stata sempre dalla mia parte, e per quanto abbia visto o almeno intravisto volpi, orsi, cervi, cinghiali, camosci e parecchie altre specie, riuscire a fotografarli è sempre stato tutt’altro paio di maniche.
Questa volta però mi ero organizzato – ed equipaggiato – quasi avessi un presentimento positivo, e quando siamo giunti all’area faunistica del lupo di Civitella Alfedena è stata una piccola delusione trovarla deserta, per quanto sapessi che non è sempre facile né scontato riuscire a vedere gli animali anche nelle aree apposite, specie in orari che sono lontani dalle loro abitudini. Dopo alcuni minuti di attesa, grande è stata la sorpresa di riuscire a scorgere più esemplari che si muovevano di corsa in una recinzione più ristretta, e ancora più grande lo sgomento nell’udire una serie di rapidi ululati che si intrecciavano e accavallavano. Non sapevamo come interpretare la cosa, io e le due amiche appassionate di fotografia che erano con me. All’improvviso ecco apparire prima un lupo, poi un secondo.. fino a cinque esemplari. Un branco a tutti gli effetti. Non so dire cosa ho provato.. è un po’ come aver vissuto tanti anni con un ostacolo davanti a un bel panorama e quell’ostacolo viene finalmente a mancare, come un senso di compiutezza unito a una gioia profonda. Le emozioni si sono moltiplicate quando alcuni degli esemplari sono venuti più vicini alla recinzione e il capobranco si è fatto vicinissimo, come a voler controllare e valutare noi umani che eravamo dall’altra parte. Mi sono sentito un intruso, quasi, a guardare il lupo e fotografarlo come se fosse un prodigio quando è un abitante a tutti gli effetti del luogo, sicuramente più affine alle montagne dell’Appennino di quanto potrò mai diventarlo io.
UNA SELEZIONE DELL’INCONTRO CON I LUPI – Galleria