“Avevo dichiarato invano e con forza, già successivamente all’esito disastroso delle consultazioni referendarie, una riflessione nell’ambito del Pd e del centrosinistra abruzzese, –continua Di Matteo– segnalando più volte una sorta di mutazione genetica all’interno del Partito e del Gruppo, un’assenza di condivisione e di collegialità delle scelte politiche, una condizione per cui la discussione è considerata un inciampo e non un arricchimento. Tutto ciò ha tramutato, a vari livelli, il Partito in un’organizzazione leaderistica personale in cui il potere di vita e di morte appartiene al capo ed è assoluto.
Ho spesso sollecitato una profonda riflessione su vari temi della nostra agenda, in primis sulla sanità pubblica e dei diversamente abili, su una nuova politica delle aree interne e montane, sull’agricoltura e sul disagio sociale derivante da una profonda crisi nell’ambito del lavoro e del progressivo aumento della fascia di povertà nella nostra regione.
Più in generale ho segnalato il pericolo di un progressivo e profondo distacco tra le politiche regionali e la comunità dei cittadini abruzzesi che si è manifestato, peraltro, a più riprese nelle ultime tornate elettorali.
A tutto ciò si è andata ad aggiungere la vicenda della formazione delle liste per le elezioni politiche, che ha visto candidarsi la metà del gruppo regionale senza una preventiva discussione in merito all’interno del gruppo stesso, favorendo solo un ristretto cerchio magico. Peraltro senza considerare che queste decisioni avrebbero portato all’indomani del 4 marzo, inevitabilmente ad una accelerazione dei percorsi politico-amministrativi regionali di cui non si è tenuto doveroso conto.
I catastrofici risultati di ieri rendono improcrastinabile l’assunzione di responsabilità con le immediate dimissioni dei dirigenti politici per aprire nuovi scenari, dialogando con le esperienze civiche presenti nella nostra regione e per ridare la speranza ai cittadini in vista dei prossimi appuntamenti elettorali”.