“Questa – ha dichiarato il direttore artistico del Teatro Marrucino, Ettore Pellegrino – è un’operazione importantissima in coperazione con una realtà lirica molto importante che è quella delle Marche, in collaborazione con Luciano Messi, che è sovrintendente dello Sferisterio di Macerata, il Teatro di Ascoli, di Fano e di Fermo. Portiamo una Bohème di Leo Muscato importantissima, che ha vinto premi internazionali al Marrucino il 24 ed il 26 di novembre. Ogni momento di crisi, se ci sono i presupposti, fa esprimere il meglio di noi stessi. Una funzione fondamentale che i Teatri di tradizione più piccoli devono assolvere è quella di puntare sui giovani, io ho sempre avuto un occhio attentissimo sui giovani, non solo perché il giovane ha un costo minore, ma è una funzione sociale e artistica che dobbiamo avere, puntare su dei giovani di qualità che vengono in questo Teatro e debuttano. Ricordiamo Grigolo, uno dei maggiori tenori che abbiamo a livello mondiale, debuttò al Teatro Marrucino svariati anni fa, lui è partito da qui ed ora è una stella internazionale. Lo stesso regista di questo spettacolo, Leo Muscato, esordì qui come attore in uno spettacolo di prosa ed è passato comunque da questo Teatro. Noi dobbiamo dare la possibilità ai giovani di esprimersi nelle loro forme artistiche e se non gliela diamo noi che la potrebbe dare? Un Teatro grande e di spessore se non hai storia non ti fa accedere”.
“La Bohème” di Muscato è un’opera di grande forza espressiva, che sa soddisfare le aspettative di un pubblico aperto ai nuovi linguaggi pur mantenendosi coerente con la dimensione narrativa originale del testo. Così come Giacomo Puccini aveva ambientato l’opera nella Parigi del 1830 per descrivere il fervore rivoluzionario di quegli anni, Muscatoracconta ai giovani di oggi la grande rivoluzione culturale che ha stravolto l’Europa tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ‘70. Mentre si compie la tragica vicenda amorosa di Mimì e Rodolfo, sul palco si avvicendano le manifestazioni studentesche del ‘68 parigino, in uno scenario straordinariamente evocativo impreziosito dalle scenografie di Federica Parolini e dai costumi di Silvia Aymonino.
La Direzione dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana è affidata aMatteo Beltrami, attuale Direttore Musicale del Teatro Coccia di Novarariconosciuto tra i migliori giovani Direttori d’Orchestra nel panorama internazionale. Nel cast vedremo Benedetta Torre (nel ruolo di Mimì), Barbara Bargnesi (Musetta), AzerZada (Rodolfo), Marcello Rosiello (Marcello), Filippo Fontana (Schaunard), Roberto Lorenzi (Colline),Davide Ciarrocchi (Parpignol), Alessio De Vecchis (Benoit), Davide Filipponi (Alcindoro), Carlo Bonelli (Sergente dei doganieri), Niccolò Pelusi (doganiere) e Francesco Amodio (venditore). Giovanni Farina dirigerà ilCoro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, mentre Mario Giorgi condurrà il Coro di voci bianche “La Corolla” e “Piccole Voci” – ISC Don Giussani.
La Stagione lirica del Teatro Marrucino si concluderà il 10 dicembre con “Giove a Pompei” di Umberto Giordano e Alberto Franchetti, mentre in gennaio inizieranno le celebrazioni per il Bicentenario del Teatro: grandi concerti (Uto Ughi ,Antonio Pappano, l’Orchestra Filarmonica del Lussemburgo), nuove produzioni, ma anche convegni, esposizioni e momenti d’approfondimento, segneranno le tappe di una lunga festa del teatro e della musica. L’obiettivo non è soltanto ripercorrere la prestigiosa vicenda artistica che ha reso il Marrucino fulcro e memoria tangibile della vita culturale abruzzese, ma anche coinvolgere il pubblico in una grande riflessione collettiva sul ruolo dello spettacolo dal vivo come paradigma dell’identità italiana e volano di sviluppo sociale.
“Abbiamo cercato con le persone del mio team di provare a restituire allo spettatore di oggi qualcosa che potesse essere quanto più possibile vicino a quanto Puccini aveva rappresentato ai suoi spettatori dell’epoca – ha spiegato il regista Leo Muscato – lui aveva messo un’attenzione particolare sul fatto che l’opera fosse ambientata in un’epoca immediatamente vicina alla sua contemporanea, era ambientata 40-50 anni prima rispetto al momento in cui andava in scena.
Noi abbiamo rispettato questa distanza temporale, quindi anziché ambientarla nel lontano 1848, è ambientata nel ’68 parigino, in un grande momento di rivoluzione, il cosiddetto ‘maggio parigino’, perché ci premeva fondamentalmente lavorare sul sentimento di nostalgia che è proprio insito in tutta l’opera e che credo sia stato l’obiettivo che volesse raggiungere Puccini perché sapeva precisamente che in sala ci sarebbero stati in questo spettacolo nel momento in cui andava in scena per la prima volta molti esponenti della scapigliatura, lui stesso era uno scapigliato che era un momento artistico che si rifaceva a quello dei bohèmien fondamentalmente. Il fatto di poter parlare direttamente ai cuori di queste persone di 50-60 anni che da ventenni avevano vissuto precisamente le storie di questa banda di smandrappati artisti che vogliono cambiare il mondo ma non sono in grado nemmeno di cambiare se stessi.
E poi la bellezza di questi personaggi è che sono estremamente complessi, complicati come lo sono i ragazzi di tutte le epoche che veramente vogliono sovvertire le regole ma in realtà fanno fatica anche a stare dietro alle piccole cose che riguardano la loro vita quotidiana. È uno spettacolo molto divertente nei primi due atti, io li chiamo i miei smandrappati perché sono veramente esilaranti, divertenti, sono ragazzi che si divertono e che sanno divertirsi, sono tutti artisti, la soffitta in cui abitano, a chi ha fatto lo studente fuori sede come me, può capire che cosa può rappresentare che cos’è un appartamento in cui può succedere di tutto, compresi 44 materassino per terra per far dormire chiunque. Sono artisti: uno è pittore, un altro è musicista, un altro è un poeta o un aspirante tale, uno scrittore, l’altro è uno studente fuori corso probabilmente da dieci anni e si divertono, fanno quello che possono.
Poi il secondo atto è uo dei primi tradimenti di questa Bohème il cui tentativo è quello di rimanere il più fedeli possibile al testo e allo spirito di quest’opera più che alle didascalie, quindi il secondo atto più che essere ambientato fuori, ad un crocicchio di strada davanti al Caffè Momus, noi siamo proprio dentro alla Disco Momus che è un locale tutto zebrato, molto esilarante, in cui si esibisce Musetta che è la star di questa discoteca.
In qualche modo secondo me ci siamo rifatti a degli arredi del Piper di Roma dove c’era Patty Pravo che si esibiva in spettacoli molto belli con Renato Zero.
Quindi primo e secondo atto molto colorati, molto divertenti, di grande divertimento, nel terzo atto le cose cambiano in maniera importante perché ci ritroviamo di fronte ad una fabbrica occupata, tutti gli occupanti di questa fabbrica sono in sciopero perché lì dentro si respirano dei veleni tossici che sono gli stessi veleni che hanno fatto ammalare di un male incurabile Mimì che sarà poi il male che la porterà alla morte, quindi diciamo che sarà una sorta di morte bianca ante litteram quella che andiamo a raccontare.
Nel quarto atto chiunque è stato uno studente fuori sede sicuramente riconoscerà un clima molto famigliare, perché si comincia con una situazione in cui questi ragazzi sono stati praticamente sfrattati, stanno andando via, non c’è rimasto nulla di tutti gli arredi coloratissimi della loro casa. È il momento in cui si salutano e sono le ultime stupidaggini che fanno, c’è un clima di euforia pazzesco, anche sopra le righe in qualche modo, finchè arriva la doccia fredda per questi ragazzi perché in un istante preciso termineranno di essere giovani e passeranno all’età adulta in maniera traumatica perché riceeranno la notizia che Mimì sta male e nella scena successiva noi la vediamo nella peggiore delle condizioni possibili perché è tutta intubata, ci ritroviamo in un ospedale davanti al momento della rabbia ed è una scelta che abbiamo fatto nel tentativo di essere abbastanza precisi nel raccontare che la morte di un giovane non ha niente di romantico, non può avere niente di romantico, è solo una grande terribile tragedia che conviene guardarla con gli occhi aperti, soprattutto i più giovani”.