In realtà, però, spiega il WWF regionale, i cacciatori stanno già sparando “perché la Regione Abruzzo, con una delibera di giunta di fine aprile, ha autorizzato l’abbattimento dei cinghiali anche al di fuori della stagione venatoria con la giustificazione di limitare il numero degli esemplari presenti sul territorio e così ridurre i danni alla colture. Tale decisione, già di per sé molto grave perché ha comportato la possibilità di andare a caccia anche in periodi delicati per la riproduzione di tutta la fauna (non solo dei cinghiali), diventa ancora più grave in questo particolare periodo che stiamo vivendo perché va incidere su tutti gli animali che sono già stati messi a durissima prova dalla prolungata siccità e dagli incendi che imperversano da mesi nella nostra regione. E in molte zone (ad esempio in valle Peligna) può diventare anche pericolosa per l’uomo perché gli spari si concentrano nelle poche zone risparmiate dal fuoco, le più vicine ai nuclei abitativi”.
L’attività di caccia al cinghiale, oltre a incidere direttamente su questa specie, spiega il WWF , colpisce indirettamente la fauna nel suo insieme con un’opera di disturbo amplificata dalle particolari situazioni appena richiamate. “Inoltre va anche detto che l’azione di controllo che si deve esercitare durante queste attività di prelievo è ormai praticamente impossibile: la polizia provinciale è nei fatti stata cancellata mentre il personale del Corpo Forestale dello Stato è stato smembrato e anche coloro che sono stati assorbiti dai Carabinieri sono in larga parte impegnati su altri fronti”.
Il WWF chiede alla Regione Abruzzo di mettere fine a qualsiasi forma di caccia almeno per tutto il mese di settembre e poi avviare una verifica sulle reali condizioni della fauna selvatica per capire come procedere.
“Ricordiamo, per l’ennesima volta, –commentano gli ambientalisti– che la caccia è un’attività consentita, ma che la fauna costituisce patrimonio indisponibile dello Stato per cui viene prima la tutela di fagiani, volpi o beccacce della volontà di garantire il divertimento dei cacciatori e gli affari delle industrie di armi!
Sarebbe ora infine che si prendesse finalmente atto di una verità incontrovertibile: negli ultimi anni, con la scusa dei danni alle colture, si stanno sempre più allargando le maglie delle regole per l’attività di caccia al cinghiale, ma contemporaneamente i danni alle colture, invece di diminuire, stanno aumentando. A dimostrazione che la problematica dei cinghiali, creata dai cacciatori attraverso ripopolamenti fatti senza criterio, continua ad essere alimentata dai cacciatori stessi che non hanno alcun reale interesse a risolverla visto che dai cinghiali ricavano divertimento e, cosa più importante per alcuni di loro, entrate in nero con la vendita dei capi abbattuti sui quali i controlli sono da sempre scarsi, se non assenti!”