Dall’introduzione di Vito Moretti: “Questo racconto è di quelli che tengono vincolati alla lettura fino all’ultima pagina, e non per essere un thriller incalzante, con una sua buona dose di fatti e di sortite – com’è ovvio –, ma per il modo in cui è condotta la narrazione, per il suo linguaggio, per le sue incandescenze e per la sua forza sollecita e intricante. Si tratta, infatti, di un “giallo” che non dimentica mai di essere anche – e forse soprattutto – un prodotto di letteratura, con certi obblighi di stile, con certi circuiti e rotondità di espressione (attinti all’eloquio dei giovani d’oggi, fra i quali è certamente da ascrivere Giampiero Margiovanni) e con i rimandi alle voci più solide e frequentate del genere a “suspense”, a cui lo scritto appartiene. La narrazione, inoltre, è ben concentrata, e si sviluppa dalle 16 e 17 di un caldo pomeriggio di giugno alle ore 8 e 18 del mattino successivo, mentre gli altri trascorrono il proprio tempo senza avvedersi dei fatti che accadono d’intorno e senza che quella triste e lunga notte abbia la possibilità di essere diversa da come realmente si svolge nella mente dei protagonisti.”
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