giovedì , 21 Novembre 2024

Si celebra oggi il World Wetland Day, la Giornata mondiale delle aree umide

Raccogliendo le acque durante le piene e rallentandone il deflusso riducono il rischio di alluvioni; diluendo gli inquinanti sono “depuratori naturali” in grado di creare condizioni favorevoli per la decomposizione microbica delle sostanze organiche; sono inoltre serbatoi di biodiversità a tal punto da essere considerate gli habitat più importanti a livello mondiale per la conservazione di piante e animali; ricoprono grande importanza per l’ittiocoltura o la molluschicoltura; sono utilizzate per svariate attività tra cui il birdwatching (nelle sole Oasi WWF i birdwatchers si contano in migliaia ogni anno) e rappresentano infine preziose “palestre” per l’attività di studio e di ricerca. Stime svolte nel mondo sul valore economico delle zone umide ne quantificano il “capitale naturale” in 300-800 dollari/ettaro/anno per quelle costiere, e fino a 3.000 per quelle interne.

Le zone umide – lagune, acquitrini e stagni, paludi e torbiere – per decenni bistrattate se non addirittura considerate insane e per questo “bonificate” – sono oggi invece rivalutate per le loro funzioni ecologiche. La quindicesima Giornata mondiale delle zone umide (Word Wetland Day), che si celebra come sempre il 2 febbraio, è quest’anno dedicata alla riduzione del rischio da calamità, per sensibilizzare ed evidenziare il ruolo vitale di queste aree nel ridurre gli impatti di eventi estremi e nel favorire il ripristino di una naturale resilienza del territorio.

Il WWF le celebra con un report in cui si evidenzia la funzione insostituibile di queste zone “tampone”. “Le zone umide d’importanza internazionale riconosciute nel nostro Paese e inserite nell’elenco della Convenzione di Ramsar sono ad oggi 52, distribuite in 15 Regioni, per un totale di 58.356 ettari – si legge nel dossier “World Wetland Day 2017 le zone umide per la riduzione del rischio idrogeologico” -. Il WWF, grazie al Sistema delle Oasi, gestisce direttamente o in collaborazione con altri enti la rete di aree umide più diffuso in Italia: circa 50 aree, 10 delle quali sono Zone Umide d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar del 1971”.

Per celebrare il World Wetland Day sabato 4 e domenica 5 febbraio le Oasi WWF che proteggono stagni e paludi saranno aperte gratuitamente al pubblico, con iniziative a supporto della scoperta delle zone umide e dei suoi abitanti. I programmi nel dettaglio su www.wwf.it/oasi

In Abruzzo l’appuntamento
riguarderà l’Oasi di Serranella.

Le minacce. In molti paesi europei si è registrata nel XX secolo una perdita di oltre il 50% della superficie originaria di zone umide. In Italia una recente indagine dell’ISPRA ha evidenziato come il 47,6% di questi ambienti sia in “cattivo” stato di conservazione, il 31,7 “inadeguato” e solo il 4,7%  in uno stato “favorevole”. Le cause sono da ricercare in un dissennato sviluppo urbano, nell’agricoltura intensiva, nell’inquinamento, nelle modificazioni del regime idrogeologico, nell’introduzione di specie invasive e nei cambiamenti climatici, che agiscono in sinergia e su scale diverse, causando effetti assai rilevanti sugli ecosistemi. Le conseguenze sono evidenti su animali e piante legate agli ambienti acquatici, in primis gli anfibi e i pesci d’acqua dolce. In Italia il 10% degli anfibi (44 specie, un terzo delle quali endemiche) è minacciato e il 26% è vulnerabile mentre, come sottolineato dal Living Planet Report 2016 del WWF, la fauna ittica delle acque dolci ha subito a livello mondiale una contrazione più che doppia rispetto alla fauna terrestre e a quella marina.

«La difesa delle zone umide – sottolinea il delegato regionale del WWF Abruzzo Luciano Di Tizio – è una necessità primaria per la natura e per noi tutti da portare avanti costantemente con scelte sagge che sappiano guardare al futuro e all’interesse dei cittadini. Gli eventi metereologici estremi sono destinati a diventare, purtroppo, sempre più frequenti. Proprio in questi giorni la Commissione Europea ha dimostrato, studi alla mano, che le alluvioni prodotte dal cambiamento climatico costeranno somme impressionanti, quantificate solo per l’Italia in cinque miliardi di euro l’anno. Limitare i danni è tuttavia possibile ed è possibile salvare vite umane, privilegiando una seria politica di prevenzione. È ad esempio una necessità vitale non costruire mai più nulla nelle aree a rischio idrogeologico e lungo le aste dei fiumi e rinaturalizzarne le sponde. Bisognerà per questo, ad esempio, prevedere in prospettiva la delocalizzazione del centro commerciale Megalò, incautamente realizzato senza alcuna valutazione di impatto ambientale in quella che era un’area di esondazione del fiume Pescara, e comunque impedirne qualsiasi ampliamento. Il principio di precauzione deve essere, oggi più che mai, quello maggiormente seguito per ogni autorizzazione edilizia».

 

LE RICHIESTE DEL WWF ITALIA

1. Applicare correttamente e in modo integrato le direttive europee “Acque” (2000/60/CE), “Habitat” (43/92/CEE) e “Uccelli” (2009/147/CE)
2. Avviare una diffusa azione di rinaturalizzazione volta al recupero delle zone umide, in particolare a quelle lungo i fiumi
3. Migliorare la conoscenza dello stato complessivo dei sistemi acquatici, per comprendere gli effetti degli impatti derivanti dalle attività umane e dai cambiamenti climatici
4. Promuovere Piani di adattamento ai cambiamenti climatici a livello di bacino idrografico volte a ridurre l‘impatto dei cambiamenti climatici sulle specie e gli habitat legati all‘ambiente acquatico.
5. Bloccare il consumo del suolo lungo le aste fluviali 
6. Procedere finalmente all’istituzione del Parco Nazionale del Delta del Po che, con oltre 300 specie di uccelli, 40 specie di mammiferi e 25 tra anfibi e rettili è una zona unica per biodiversità su scala europea, in particolare per l’avifauna, e rappresenta il più vasto complesso di zone umide d’Italia.

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