DA METRO DI SUPERFICIE A FILOVIA DI PESCARA
Ecco come è nato il papocchio
Genesi e morte di un progetto partito con aspettative eccellenti e finito in modo orribile
Un sistema agile e veloce, trasformato in un mezzo di trasporto che, verosimilmente, non vedrà mai la luce. Lo auspichiamo vivamente, giacché il progetto sbagliato finirebbe per privare i cittadini di uno spazio vitale per il “benessere” collettivo di “Pescara Città della conoscenza e del benessere”.
Nelle intenzioni dei superficiali progettisti, un sistema funzionante, efficace ed efficiente, fondato sulla scelta del vettore più confortevole e costoso al mondo: l’olandese Phileas nella versione filobus alla stregua di un prototipo mai entrato in esercizio. Queste le premesse sconcertanti con le quali partiva il progetto della metropolitana leggera di Pescara, voluto dall’allora amministrazione di centrosinistra, Rifondazione compresa. Che a maggio 2007 ha sottoscritto un improponibile contratto di fornitura e montaggio di una filovia convenzionale, sia pure dotata di un sistema innovativo di guida magnetica vincolata dall’incerto funzionamento, come poi dimostrato dal sopravvenuto fallimento del brevetto olandese a fine novembre 2014. Oggi, siamo arrivati all’invasione di 212 pali di sostegno delle linee aeree di contatto, che sono spuntati in prossimità delle abitazioni civili a detrimento del paesaggio e dei rami degli alberi a dimora.
Come e’ stato possibile, in dieci anni, trasformare un progetto innovativo in una boiata senza capo né coda, di cui in queste ore si celebrano, senza vergogna, le paradossali prove tecniche di trasmissione?
Era il 2000 quando si inizio’ a parlare concretamente di metropolitana leggera. Quella teorizzata dal compianto Nino Sospiri, che nulla aveva a che vedere con fili e pali che oggi occupano sconciamente la mezzeria che delimita la pista ciclabile di uno dei viali più belli della città. E che rischiano di cristallizzarsi, nell’immaginario collettivo, esclusivamente come simboli totemici di sottocultura ambientale e ignoranza dilagante.
In primo luogo, quella metro prevedeva un’elettrificazione a terra, quindi strutturalmente meno invasiva di questa, del tipo in funzione nel centro storico di Trieste. Con l’utilizzo di piccole motrici alimentate elettricamente, messe in moto su un binario unico. I mezzi in questione, poi, avrebbero potuto immagazzinare energia nel corso della propria attività, muovendosi anche al di fuori del cursore principale che sarebbe stato sistemato a centro corsia. Un sistema agile, veloce, e soprattutto incentrato sulle caratteristiche urbane di Pescara.
Oggi, per capire il fallimento che rischia di esplodere nella fase complessa dei numerosi collaudi da superare, basta pensare ai filobus abbandonati nei depositi ATAC dal 2009, che l’amministrazione si era indotta a mettere in garage nel numero di dieci esemplari, magari da acquisire in comodato d’uso gratuito dalla giunta capitolina. Quelli, per intenderci, dotati di motogeneratore Diesel Euro 5, che rilasciano fumo nero allo scarico nei tratti svincolati dal filo aereo. Senza neppure allinearsi ai nuovi standard ecologici europei che prevedono l’Euro 6. Ecco, immaginiamo i filobus prescelti, la cui grandezza è ben nota (18 metri di lunghezza per 2.55 di larghezza), muoversi sulle nostre strade, intersecandosi fuori dalla strada parco con i mezzi di trasporto già esistenti. Un caos peggiore di quello riscontrabile nelle ore di maggior traffico.
Un altro appunto, poi, ci sembra doveroso. Posto che la metropolitana leggera venga giustificata come opera ecologica, per quale ragione, se non di tipo meramente economico, ci si era indotti a prendere quei bus non rispettando neppure le ultime direttive di Bruxelles in materia di inquinamento?
Inoltre, perché non si è stati in grado di offrire un percorso completo confacente alle effettive esigenze trasportistiche metropolitane? Il moncone attuale, fortemente voluto dal centrodestra e oggi , ahi noi, sostenuto a spada tratta dalle nuove energie giovanili dello stesso centrosinistra, che lo aveva viceversa avversato per l’intera durata della precedente consiliatura, dovrebbe attraversare anche strade senza elettrificazione, configurando un vero e proprio nonsenso tecnico ed economico, non sostenibile nella fase congiunturale contingente e neppure futura. Il sopravvenuto annullamento recente del bando di gara per l’assegnazione della progettazione definitiva del secondo e terzo lotto dell’impianto, rappresenta l’inconfutabile riprova di un fallimento annunciato.
Altro rebus è quello legato ai parcheggi scambiatori non previsti dal progetto esecutivo, quindi mai realizzati.
Arriviamo così all’ultimo nodo, di tipo organizzativo. Quando, chissà mai, un giorno lontano il bisonte sarà pronto, chi lo metterà in moto, accollandosi l’onere rilevantissimo (6,14 Euro/km), di un servizio integrativo e non sostitutivo di quelli preesistenti?
Con questo breve vademecum sottoponiamo all’amministrazione i dubbi, più che legittimi, di tanti cittadini. La caccia al colpevole non serve. Perché tutti lo sono in parte. L’amministrazione Chiodi, che non seppe affermare con vigore il piano originale, forse per il fatto che il progetto rappresentava una sperimentazione dell’Ansaldo, avvalorando un presunto caso di monopolio, al pari di quella D’Alfonso, che non ha voluto fin qui offrire un’alternativa credibile che fosse almeno più praticabile dell’attuale “filovia”.
Esente da colpe non e’ neppure questa giunta comunale, che si è presa in carico la fatica di Sisifo senza batter ciglio. Perseverando nell’errore e non cercando variabili o alternative di sorta da proporre alla Regione amica, titolare e responsabile del procedimento. Un grave vuoto politico e amministrativo.
A tutti loro chiediamo di rispondere alle troppe criticità irrisolte. Governatore e Sindaco, ma Voi, a quella metropolitana credete davvero? Dio ce ne scampi, e liberi il nostro bel viale dalle antiche improponibili ferraglie!
Cordialmente
Ivano Angiolelli – Maurizio Biondi: portavoce comitati