«650.000 soldati morti, 600.000 vittime civili, oltre un milione di mutilati e feriti (altro che le poche migliaia che abbiamo letto e ascoltato in alcune celebrazioni in terra d’Abruzzo!) in nome di ciò che secondo Giovanni Giolitti poteva essere ottenuto con “una neutralità concordataâ€.
Questo è il bilancio davanti alla Storia della partecipazione italiana alla Prima Guerra Mondiale, incredibilmente festeggiata ed omaggiata orgogliosamente in queste ore anche in Abruzzo. -Così commenta Alessio Di Florio criticando le celebrazioni di questi giorni-Nulla c’è di cui essere orgogliosi, nulla da festeggiare davanti alla realtà storica di quella che Benedetto XV definì l’inutile strage.
Non è un retorico sfoggio di patriottismo e nazionalismo (cavalcate anche dalle novelle destre italiche …) che rende giustizia ai morti, agli invalidi civili, alle sofferenze inflitte al popolo italiano e ai popoli d’Europa.
Le associazioni mettono in luce come una riflessione critica abbia fatto decidere ai sindaci di Trento e Bolzano di rifiutare ogni forma di commemorazione per questa data, affermando che il 24 maggio può e dev’essere soltanto una giornata di lutto, il ricordo di una pagina nera della storia tutto tranne che da vantare.
«Concordiamo con le loro parole e con la loro scelta, che amareggia non sia stata particolarmente seguita in Abruzzo.
Se si vuol ricordare e rendere giustizia ai morti e alle sofferenze della Prima Guerra Mondiale, -commentano le associazioni pacifiste- al posto della retorica della Patria e della Nazione, andavano lette e diffuse le strazianti poesie di Giuseppe Ungaretti scritte in trincea, il “Giornale di guerra e di prigionia” di Carlo Emilio Gadda in cui emerge l’ottusità di ufficiali arroganti e l’insipienza criminale degli alti comandi, “Addio alle armi” di Ernest Hemingway e “Un anno sull’altopiano” di Emilio Lussu, grandi testimonianze del fanatismo di quella guerra, le lettere dei soldati che mandavano al diavolo la guerra e il re, che furono censurate, proiettare pubblicamente i capolavori cinematografici “La grande guerra†di Mario Monicelli del 1959, “Uomini contro†di Francesco Rosi del 1970, e il film “Tu ne tueras pas†di Autant Lara (“Non uccidere†nella versione italiana), che fu denunciato per vilipendio e proiettato pubblicamente nel 1961 dal sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con un coraggioso gesto di disobbedienza civile».
Di Florio poi commenta come oramai in tutte le scuole i libri di storia abbiano rivisto il tradizionale giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e rimarca quanto oggi prevalga una netta disapprovazione della guerra celebrata nelle piazze.
«Ci chiediamo -conclude- per quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga demolito dalla retorica».